27 giugno 2012, Donbass Arena, Donetsk La variabile impazzita: la traversa di Bruno Alves |
En passant, e in attesa di analisi più meditate: credo che ieri sera abbiamo assistito alla fine dell'incanto metodologico spagnolo. All'improvviso e tutto insieme non ha funzionato nulla dell'impianto di gioco del tiqui-taqua, a fronte ovviamente di un avversario che aveva studiato alla grande le contromosse. Avvisaglie evidenti si erano colte già con l'Italia e - leggo (ma non vidi) - con la Croazia (l'Irlanda è stato un illusorio allenamento, e la Francia implosa nel tribalismo etnico del suo spogliatoio): già nel 2008 e nel 2010 il possesso palla era risultato sterile assai di realizzazioni (un'infinita sequela di risultati "digitali": 1-0-1-0-1-0-1 ...), ma la fluidità della manovra era stata maestosa per lunghi tratti; adesso che gli interpreti sono più stanchi e in fase calante aumentano le prestazioni alterne. La sostituzione del "catedrático del fútbol", come lo definì Maradona, all'87° di ieri sera è il simbolo dello stato assai incerto di salute della pedata roja. La Spagna attuale è avversario di finale abbordabilissimo.
Mentre mi faceva lo scalpo, il barbiere (testimone di nozze di Claudio Merlo e amico stretto di Giancarlo Antognoni) stamane mi ha detto una cosa semplice semplice per la partita di stasera: "ma che scherziamo? Vinciamo di sicuro!". Barba e capelli (e toccatina), dunque ...
Azor