29 novembre 2014

Disfatte teutoniche

Fettine di coppa: quinto turno 2014/2015

25 novembre 2014, City of Manchester Stadium
Il n° 16 è quello del Kun. Il minuto è il numero 91
Turno europeo senza particolari clamori se non il risultato sfuggito di mano per deconcentrazione al Bayern in quel di Manchester. Il Pep in sala stampa non ha usato eufemismi, denunciando la qualità fecale del gioco sciorinato dai suoi negli ultimi dieci minuti. Certo, l'Aspide - al secolo, Sergio Leonel Agüero del Castillo - ci ha messo del suo per rendere sanguinosa la sconfitta dei bavaresi; ma si è trattato di un mero calo di concentrazione, perché anche in dieci per settanta minuti i Roten hanno dominato, dando l'impressione di poterlo fare anche in nove, tante sono ormai l'applicazione tattica e le conoscenze acquisite dalla squadra (che oltretutto vanta, non andrebbe dimenticato, numerose assenze).

Se si scorrono i tabellini, però, emerge un dato inusuale. Le sei squadre tedesche ancora in lizza nei due tornei hanno perso tutte, a parte il Mönchengladbach, che ha strappato un pari in rimonta al Madrigal (2:2). Per il resto, tre sconfitte in casa e due fuori. Lo Schalke di Di Matteo è stato rullato senza pietà dal Chelsea (0:5) nella propria Arena (AufSchalke). Il Wolfsburg è stato infilzato dall'Everton (0:2) nell'altrettanto propria Volkswagen-Arena. Il Bayer Leverkusen ha fatto una sgambata con il Monaco nella BayArena (curioso che siano i teudisci a farsi custodi dell'etimologia classica ...), perché già qualificato (0:1). Del Bayern abbiamo detto (2:3). All'Emitares ha perso in modo rotondo ed inequivocabile anche il Borussia di Kloppo (0:2). Certo, si potrebbe argomentare che alcune squadre erano già sicure o quasi della qualificazione. Ma non tutte: lo Schalke è mezzo fuori dagli ottavi di CL, il Wolfsburg rischia moltissimo e nemmeno il Mönchengladbach è ancora sicuro del passaggio ai sedicesimi di EL.

Non siamo degli statistici, ma una disfatta teutonica come quella di questo turno ha pochi riscontri nel passato. E se anche avessero preso sotto gamba l'impegno, la brutta figura rimane e mostra come la "serietà", la "professionalità", l'"impegno" siano relativi ad ogni latitudine, anche a quelle di paesi che vengono ritenuti più seri di altri - spesso, come in questo caso, più per luogo comune che per fondatezza. Le inglesi avevano sbandato nel turno precedente: in questo hanno ammaccato (Arsenal, Chelsea, City ed Everton) l'orgoglio teutonico. Le competizioni europee sono affascinanti anche per tali incostanze: nessun risultato è scontato in partenza. Tutti gli XI (o quasi) si battono per vincere. Pochissimi regalano qualcosa. Anche se spesso modeste, le partite europee mostrano comunque quasi sempre grande impegno agonistico. E' il caso anche dei moscoviti del CSKA, ovviamente, o degli spartani praghesi, per dire delle avversarie più ostiche delle italiane in questo turno.

27 novembre 2014, Stadio Olimpico, Torino
Mathew David Ryan domina lo spazio aereo nell'area fiamminga
Il Toro è stato fermato da una saracinesca a nome Mathew David Ryan, che è venuto dalla sperduta Plumpton, nella terra dei canguri, per mostrare anche all'Olimpico, sub Alpibus Pedemontis, che il Club Brugge Koninklijke Voetbalvereniging non si libra per caso nelle alte sfere della Jupiler League 2014-2015. Roma e Torino dovranno attendere l'ultima giornata per guadagnarsi o meno il passaggio ai turni invernali. Il Napoli vi è già approdato, i Granata quasi. La Roma rischia invece assaissimo: ai Citizen basterebbe anche fare un solo golletto (magari di Aguero) e non prenderne due per festeggiare. La Juventus invece è finalmente riuscita a vincere una partita europea fuori casa dopo lungo digiuno: ma lo ha fatto, e non senza estenuazioni, contro la compagine più debole del girone (che ha messo insieme solo 3 punti finora): adesso stampa e tifosi beoti di Madama vagheggiano addirittura il primato nel girone; fossi in loro mi accontenterei di passare il turno e di accendere un cero di buona libbra per evitare di beccarsi il Bayern, il Chelsea o il Real nel sorteggio prenatalizio.

I due club nostrani che sembrano aver preso sul serio l'Europa sono invece la Fiorentina e l'Inter. Per carità, gli avversari di girone sono poca cosa anche per il calcio italiano. Ma è evidente che Montella e Mancini (e in precedenza Mazzarri) hanno ricevuto imput precisi dalle rispettive dirigenze. Per i Viola - va dato merito - l'impegno nelle coppe è una tradizione antica, sin dalla sfortunata finale di Coppa dei Campioni del 1957 al Bernabeu o dal trionfo in Coppa delle Coppe nel 1961: raramente si è vista la squadra non battersi in campo europeo. Oltretutto, quest'anno sembra giocare meglio in EL che in campionato. L'Inter ha impattato due volte solo con il Saint-Etienne, ma per il resto ha spezzato le reni a islandesi, azeri e ucraini. Giovedì sera a San Siro si è vista la solita squadra bislacca nel primo tempo, ma finalmente anche una reazione morale nel secondo, con qualche bello sprazzo di gioco, anche da parte di un pedatore anarchico come Fredy Alejandro Guarín Vásquez. Mancini ha ancora tanto da lavorare, ma l'EL potrebbe essere il set adatto per fare crescere la squadra. Vedremo.

Azor

25 novembre 2014

Gioacchino redivivo

La Fiorentina vince a Verona e cancella i (troppi a dire il vero) mugugni che si erano moltiplicati nelle ultime settimane attorno al gruppo allenato da Montella. Ancora una volta il Vincenzino campano ha sorpreso tutti adottando sì il modulo più congeniale a questa squadra, ma inserendo il desaparecido Joaquín Sanchez Rodriguez. Il torero di El Puerto Santa Maria ha disputato un buon primo tempo per poi calare inevitabilmente nella ripresa. Una mossa del tutto inaspettata, ma alla fine vincente.

Joaquín Sánchez Rodríguez, in arte Joaquín
Resto invece perplesso sul reale valore di Cuadrado. Il giocatore è forte, veloce e dotato di buoni piedi, ma non sono sicuro che abbia nel dna la capacità di gestirsi in partita, di capire i momenti della gara. È giovane e merita credito; ha tutto il tempo per acquisire le doti che segnano la differenza fra un buon giocatore e un campione. Per ora è un buon giocatore, solo il tempo ci dirà se diventerà un campione.

Tornando alla tattica abbiamo ripetuto spesso che la Fiorentina deve giocare con la difesa a tre e gli esterni vicini, con una punta vera e una finta, che sia Marin, o Babacar o Cuadrado poco importa. Importa che finalmente Gomez ha riacquisto l'apparenza di un giocatore di calcio che ha segnato in carriera in quasi tutte le porte del pianeta e sia la condizione sia i movimenti visti a Verona lasciano ben sperare per il futuro. La riserva destata dalla formazione di domenica resta però insistente a ronzare per la testa: perché Joaquín? Perché un altro esperimento a fronte di un esterno vero (Cuadrado) e una punta giovane che potrebbe tranquillamente affiancare Gomez? Forse Montella non ha davvero scelta e i molti impegni lo costringono a provare soluzioni diverse per situazioni diverse. Dopodomani si gioca in Francia, sul campo del Guincamp, non proprio una trasferta irresistibile. Allora sì che il tecnico viola potrà sperimentare. Sarà l'occasione per vedere Marin. Credo sia potenzialmente un fenomeno. Vedremo.

Intanto godiamoci un talento vero, straordinario calciatore destinato all'olimpo di questo sport. Paulo Dybala da Laguna Larga, classe 1993. Raramente ho visto un giocatore così maturo a 21 anni. Godiamocelo prima che il denaro degli sceicchi ce lo porti via.

Cibali

15 novembre 2014

Ritorno al futuro

L'ingaggio di Roberto Mancini da parte del F.C. Internazionale come allenatore per i prossimi due anni e mezzo si configura come un perfetto "ritorno al futuro". Che sigilla, e si spera chiuda definitivamente, una catena di errori dirigenziali avviata dalla gestione Moratti, che ha dilapidato - tra malintese riconoscenze ed eccessive vedovanze [vedi] - il capitale del Triplete, e perpetuata dalla gestione Thohir, che non ha colto il momento, nella tarda primavera di quest'anno, per avviare un ciclo nuovo con una propria cifra tecnica.

Con i trofei
Perché Roberto Mancini rappresenta un ritorno al futuro? Perché, nella storia dell'Inter, è l'allenatore che ha vinto più titoli e trofei - sette - insieme a Helenio Herrera: con l'ovvia differenza di peso tra le quattro coppe internazionali del Mago e le quattro solo nazionali del Mancio. Soprattutto, è l'allenatore che è stato capace di segnare l'inversione di senso nella gestione di Massimo Moratti, dimostrando che si poteva tornare a vincere anche sulla Juventus, fin dalla troppo spesso dimenticata finale torinese della Supercoppa 2005, in cui il famigerato Massimo De Santis si beccò le reprimende di Luciano Moggi per l'annullamento di un gol di David Trezeguet per sospetto fuorigioco. Mancini cominciò a vincere, cioè, prima che il ciclone Calciopoli si abbattesse sul calcio italiano, grazie alle sue qualità principali: saper scegliere i giocatori giusti per la propria idea di calcio, voler privilegiare le qualità individuali rispetto agli schemi tattici.

Quanto al primo punto, basti ricordare il mercato che Mancini concordò con Giacinto Facchetti e Gabriele Oriali nell'estate del 2004, al suo arrivo in nerazzurro. Furono ceduti: Cannavaro, Pandev, Kallon, Farinós, Bréchet, Pinilla, Ümit Davala, Dellafiore, Guly, Zicu, Helveg, Buruk, Almeyda, Lamouchi, Sorondo, Adani, Dalmat, Choutos e Fadiga, tra gli altri. E acquistati - si noti, per soli 3,5 milioni di euro: Burdisso, Zé Maria, Mihajlovic, Cambiasso, Verón, Favalli, Davids e Carini. Questo per dire che, nemmeno allora, difettavano nella rosa le vecchie glorie, i mesti ronzini e la mediocrità di molte figurine, e che Mancini seppe suggerire, anche negli anni successivi, acquisti azzeccati: nel 2005, quelli di Samuel, Pizarro, Maxwell, Julio Cesar, Figo; nel 2006, di Ibrahimovic, Vieira, Maicon, Grosso e Crespo; nel 2007, di Chivu.

Si potrebbe pensare che tutto ciò fu reso possibile da disponibilità finanziarie ora inimmaginabili. Ma ciò è vero solo in parte. Il bilancio dei trasferimenti dell'intero quadriennio di Mancini segnò infatti un disavanzo contenuto a soli 28,8 milioni di euro. Dispendioso è stato semmai il biennio di José Mourinho, che fece subito i capricci per avere in rosa un fenomeno come Ricardo Quaresma, costato da solo 24,6 milioni. José ha vinto la Champions per meriti propri ma anche grazie al mercato faraonico seguito all'ennesima eliminazione in coppa nel marzo 2009 (Milito, Eto'o, Sneijder, Thiago Motta, Lúcio e Pandev): il bilancio del suo biennio vede infatti un rosso di 36,1 milioni, grazie anche alla miracolosa cessione di Ibrahimovic per 69,5. Nei mercati dei tre anni successivi al Triplete - in cui Moratti ha speso male e venduto peggio [vedi] - la società ha comunque operato acquisti per 161 milioni (con un bilancio positivo, contro cessioni, di 15). Nella scorsa stagione a mezzadria con Thohir, la campagna è stata dispendiosa: 59,1 milioni di acquisti contro solo 9,85 di cessioni (con un "buco" di oltre 49 miloni). Quest'anno la spesa è stata finora di 12,1 milioni (ma con l'ipoteca di altri 7,8 per il saldo a venire di Dodò), a fronte di entrate per soli 9,65 [qui le fonti].

In queste ore Erick Thohir ha promesso che, per migliorare la rosa attuale, "nei limiti del possibile del bilancio interverremo già a gennaio seguendo le indicazioni dell'allenatore". Lo ha certo affermato per rianimare un ambiente depresso che, con la sciagurata gestione di Walter Mazzarri, aveva toccato uno dei punti più bassi della storia nerazzurra. Soprattutto è consapevole che quella di gennaio potrebbe essere anche l'ultima finestra di mercato possibile prima delle sanzioni che andranno negoziate con la UEFA in tema di fair play finanziario. Dunque il tempo stringe, e la consulenza di Mancini costituisce una garanzia.

Con la sciarpa
Tutto bene allora sotto il sole? No, ovviamente. La situazione finanziaria della società è disastrosa: il deficit dell'ultimo bilancio segna un preoccupante -85 milioni (la "Gazzetta" ha stimato che per il triennio valido per il FFP della FIFA il deficit sia stato di 180 milioni contro i 45 tollerati), i debiti raggiungono i 230 milioni (a fronte dei quali Thohir ha ipotecato tutto il patrimonio e i futuri ricavi della società) e costano rate da un milione al mese più interessi e un maxi-saldo da 184 milioni alla scadenza del 30 giugno 2019 (in pratica 58 milioni all'anno per 5 anni, cioè 290 milioni), il fatturato è sceso dai 250 milioni della stagione post Triplete ai 170 dell'ultima senza coppe (anche se Thohir spera di risalire a 190 in questa, grazie ai premi dell'Europa League e alle magliette vendute in Asia). Detto in soldoni: non ci sono.

E torniamo al futuro con Mancini. Si tratta di un buon tecnico, che ha dimostrato di saper vincere anche in Inghilterra e in Turchia. Non appartiene però alla fascia dei grandi - quella, per intendersi, degli Ancelotti, dei Guardiola o dei Mourinho, per stare solo a quelli in attività. Si colloca semmai nella fascia di quelli capaci di vincere campionati ma non (ancora?) coppe significative a livello internazionale - quella dei Wanger, dei Pellegrini, dei Conte, dei Blanc, per rammentarne alcuni. Non ha la visionarietà di un Bielsa (e dei suoi "allievi") e di un Klopp, e nemmeno la "garra" di un Simeone. Ma appare perfetto per un campionato malinconico come la Serie A e per la fase triste che vive l'Inter. Moratti già preconizza il terzo posto per quest'anno (cioè il sempre più arduo spareggio agostano per disputare la CL), ma ragiona come sempre da tifoso. Mancini eredita infatti una situazione tecnica disastrosa quanto quella finanziaria: giocatori che hanno smarrito il gioco, depressi nell'autostima, atleticamente provati; e una rosa migliore di quanto non si creda, ma comunque non paragonabile con quella che trovò nel 2004 (con Toldo, Materazzi, Cordoba, Zanetti, Stankovic, Recoba, Vieri, Adriano e Cruz, tra gli altri).

Nondimeno, il Mancio potrebbe assicurare nuovamente un'inversione di senso nelle vicende nerazzurre. Scontato è il ritorno alla difesa a 4, al trequartista e al gioco a due tocchi. Soprattutto occorrerà una preparazione adeguata nel ritiro invernale, che ridia tono ai singoli e restituisca ritmo alla squadra: presupposto per tornare a vedere un'idea di gioco propositiva, come è nelle corde di Mancini. Con un paio di innesti azzeccati a gennaio, il traguardo europeo potrebbe essere alla portata, così come un percorso decoroso in Europa League (finire tra le prime 8?) e magari anche in Coppa Italia. Come Benamante mi accontenterei: a terra come siamo con le nostre vergogne ...

Azor

12 novembre 2014

First Round Proper

Cartoline di stagione: 12° turno 2014-15

Ha solo 142 anni e non li dimostra. Ogni anno la Football Association Challenge Cup - la più antica, longeva e imperitura delle competizioni calcistiche - rinnova il suo fascino senza eguali. A vincerla, nei primi tempi, furono club come i Wanderers, la Oxford University, i Royal Engineers, gli Old Etonians, i Clapham Rovers, gli Old Carthusians, il Blackburn Olympic ... L'hanno interrotta solo le due guerre mondiali. Ma da quasi un secolo e mezzo, ogni estate la passione, la dedizione e la tradizione - in una parola, l'amore - degli inglesi rinnovano un rito che ha contribuito a rendere identitario il Football Association Game [vedi]. La FA Cup, come si usa ora chiamarla in tempi di acronimi imperanti, "è" il football nella sua dimensione originaria, ancestrale, interiorizzata: la competizione che ne fa una pratica sociale peculiarmente inglese, un elemento del suo paesaggio materiale e mentale. Un segno di distinzione nel mondo globale del "world soccer".

Inkersall Road, Staveley
Quanto è antica, tanto la FA Cup dimostra di essere moderna, di sapersi adeguare al mutamento dei tempi senza tagliare le radici con il proprio patrimonio memoriale. Tra venerdì e lunedì scorsi si è giocato il First Round Proper, il primo turno "vero e proprio", della 134° edizione, che in realtà era cominciata il 16 agosto con l'Extra Preliminary Round, in cui si erano sfidate 368 squadre della 9° e 10° serie del football inglese: risultato più rotondo l'11:0 rifilato dal Molesey all'Haywards Heath Town; maggior numero di spettatori (371) all'Inkersall Road di Staveley per Staveley Miners Welfare - Worksop Town 2:0; 1.500 sterline di premio per ciascuna delle 184 vincitrici ... Da allora si sono susseguiti il Preliminary Round (con altre 136 squadre della 8° serie) e altri quattro Round Qualifying (con altre 140 squadre della 5°, 6° e 7° serie). Il First Round Proper ha visto l'entrata in scena dei 48 club della League One e della League Two (3° e 4° serie). Quando nel Third round proper (32esimi di finale), il 3 gennaio 2015, scenderanno in campo anche i 44 club della Premier League e della Championship, i club coinvolti saranno stati 736. In pratica, giocano tutti: una festa totale del football inglese (e gallese e del Guernsey, l'isola nella Manica appartenente al Regno Unito).

L'Havant & Waterlooville Football Club è la squadra di Havant nell'Hampshire, contea sulla costa meridionale dell'Inghilterra la cui città maggiore è Southampton. La società è l'esito della fusione, nel 1998, tra l'Havant Town F.C. fondato nel 1883 e il Waterlooville F.C. fondato nel 1905. The Hawks (I Falchi), militano attualmente nella Conference South, la sesta divisione del football inglese, l'equivalente della nostra Promozione. Hanno debuttato nel Second Round Qualifying dell'attuale edizione della FA Cup, il 27 settembre 2014, battendo in casa, al West Leigh Park, con un rotondo 3:0, lo Swindon Supermarine (8° serie), di fronte a 386 spettatori. L'11 ottobre, nel Third Round, si sono recati all'"Harry Abrahams" Stadium di Finchley, nei sobborghi occidentali di Londra, dove hanno battuto per 2:0 il Wingate & Finchley F.C. (7° serie), di fronte a 292 spettatori. Il 25 ottobre, nel Fourth Round, al Park Lane di Canvey Island, nell'Essex, sull'estuario del Tamigi, hanno pareggiato 0:0 con il Canvey Island F.C. (7° serie), di fronte a ben 642 spettatori. Il 30 ottobre hanno giocato il ritorno, a casa propria, battendo gli avversari per 3:0, di fronte a 574 spettatori, e quadagnandosi l'accesso al First Round Proper.

West Leigh Park, Havant
Giustamente il lettore si chiederà perché celebriamo le gesta di questo sconosciuto club semi-professionistico. Perché l'Havant & Waterlooville ha avuto la fortuna di essere sorteggiato nel First Round Proper contro il Preston North End nel Lancashire, club attualmente relegato nella League One, ma di venerabile tradizione. Il Preston ha vinto infatti due volte la FA Cup, nel 1889 e nel 1938 (disputando altre cinque finali, l'ultima nel 1964), e le prime due edizioni della First Division, nel 1889 e 1890, arrivando secondo nei successivi tre campionati: il "double" del 1889 valse a qull'XI il soprannome di "The Invincibles". Dagli anni sessanta il club è decaduto tra seconda e quarta serie, ma mantiene intatto il blasone di primo grande club della storia del football inglese - un po' l'equivalente, mutatis mutandis, del nostro caro Vecchio Balordo Genoa Cricket and Athletic Club [vedi].

Il nome dell'avversario sorteggiato contro l'Havant & Waterlooville ha indotto la Football Association a cedere i diritti televisivi del match anche all'estero. Lunedì sera gli amanti del football hanno potuto assistere così alla prima diretta in Italia di una partita del primo turno della FA Cup, grazie a Fox Sports che ha investito in prima serata - mentre nei talk show di tutte le reti del regno (italiota) infuriavano le consuete sguaiate polemiche su Mazzarri, Montella e i rigori non dati - su uno spettacolo calcistico memorabile. Sul piano agonistico la partita potrebbe essere l'equivalente di un Genoa (quando militava mestamente in serie C) vs US Pergolese 1923 (attualmente in Promozione Marche), giocata non al "Luigi Ferraris" di Marassi ma allo Stadio Comunale "M. Stefanelli" di Pergola (provincia di Pesaro Urbino): qualcosa di impossibile da un punto di vista sportivo, perché la Coppa Italia in Italia è organizzata dalla Lega Serie A e non dalla Federazione, ed è spezzettata in ulteriori Coppa Italia Lega Pro, Coppa Italia Serie D e Coppa Italia Dilettanti. Soprattutto, sarebbe qualcosa di inimmaginabile a livello mediatico. Anche in questo l'abisso tra la storia del calcio italiano e di quello britannico appare incolmabile.

La FA ha invece portato la troupe televisiva al West Leigh Park di Havant (da dove giunge questa "cartolina" un po' anomala): un evento che per un giorno ha scombussolato la vita alla ridente cittadina dell'Hampshire e l'ha catapultata alla celebrità dell'universo televisivo. Le immagini ci hanno restituito il fascino intatto della tradizione del football inglese: stadiolo stipato (2.382 gli spettatori) pieno di bambini vestiti normalmente (senza magliette, sciarpe e merchandising di consumo); tribune coperte con 7-8 file di posti seduti (sono 560 complessivamente); altrove tutti in piedi appoggiati alla ringhiera di delimitazione del campo per destinazione; panchine a un metro dalla linea laterale; tabellone luminoso per la sostituzione dei giocatori monofacciale (cioè rivolto solo in campo); manto erboso da fare invidia a quello di Marassi; telecamera a occhieggiare anche negli spogliatoi da cui trasudavano sudori e afrori inconfondibili; baracchino di bibite e hot dog a cinque metri dal campo; cartellonistica pubblicitaria fissa, di imprese e servizi locali; il tutto sotto un'illuminazione artificiale stile anni 1970s (senza l'effetto giorno stile play station). E poi i rumori dal campo, le urla dei giocatori, i moccoli degli allenatori, il vocione dello speaker, gli ooh della folla; i colori e la festa sugli spalti, con i tifosi di entrambe le squadre a fare il "trenino" tutti insieme negli ultimi minuti della partita (altro che "ola" ...). Senza traccia alcuna di hooligans: diciamo l'equivalente degli ultras che infestano anche i campetti della sesta divisione italiana. Per la cronaca, ha vinto il Preston grazie a una tripletta della sua stellina (nazionale under 20) Callum Robinson, in prestito dall'Aston Villa. Gioco piacevole: palla a terra quello degli ospiti (4-1-4-1), palla lunga quello dei padroni di casa (4-4-2), necessariamente più scarponi; due rossi per l'Havant & Waterlooville; un rigore, un paio di legni e traverse, e alcune belle parate. Nessun isterismo in campo e sugli spalti. In una parola, molti di noi avrebbero voluto essere lì di persona. A respirare football.

10 novembre 2014, West Leigh Park, Havant
I Lilywhites festeggiano l'hat-trick di Callum Robinson
Un football - si noti - capace anche di fare profitti senza snaturarsi: a ciascuno dei club sono andate 67.500 sterline (86 mila euro) per i soli diritti televisivi. Il Preston se ne è portate a casa altre 18.000 (23 mila euro) come premio per il passaggio del turno: in una serata, cioè, ha fatturato circa 110.000 euro (teniamo presente che in media i club della nostra Lega Pro arrivano a mettere insieme un budget di 2 milioni di euro annui, di cui 800.000 come contributo diretto della Lega Serie C). L'Havant & Waterlooville ha invece incassato, oltre ai diritti televisivi, agli sponsor e alla bigliettazione dello stadio, altre 24.500 £ di premi per il passaggio dei tre turni, vale a dire circa 120.000 euro complessivi. Dalla sola FA Cup: una cifra che i dirigenti della Pergolese si sognano col cannocchiale rovesciato di poter ottenere dalla loro Coppa Italia Dilettanti.

Nel prossimo turno, che si giocherà il 6 dicembre, si disputeranno 20 partite tra le 40 squadre rimaste in corsa (in attesa che a gennaio scendano in campo le ultime 44 delle due divisioni superiori). Seguiremo con simpatia il Warrington Town F.C. (di Warrington nel Cheshire, nel Nord Ovest dell'Inghilterra, al confine col Galles del Nord) che milita nella 8° serie e che sta scrivendo la sua epopea: si giocherà il passaggio al Third round al Gateshead International [nientedimeno] Stadium di Gateshead (nella contea del Tyne and Wear nell'estremo Nord del paese, quasi ai confini con la Scozia) contro il Gateshead F.C., che milita in 5° serie. Chissà che la FA non ci faccia il regalo di trasmettere all'estero anche questo match. Sarebbe un giulebbe pre natalizio.

Azor

10 novembre 2014, West Leigh Park, Havant
Havant & Waterlooville - Preston North End 0:3
Tabellino | HL | Reports: 01-02 | FA Cup

10 novembre 2014

Ridimensionati

È possibile che una squadra costruita due anni fa sia già arrivata al suo naturale esaurimento? È possibile che una squadra diverta e vinca per due anni per poi sgonfiarsi come un palloncino alla festa del grillo delle Cascine? È possibile che un allenatore arrivato a Firenze fra curiosità ed entusiasmo faccia giocare la squadra meglio del Barcelona guardiolano per un anno e mezzo, azzecchi tutte le mosse tattiche, porti alla resurrezione rottami dati per strafiniti, rianimi giocatorelli solo pochi mesi prima presi a schiaffi dall'allenatore energumeno, per sbagliare sistematicamente tutte le formazioni iniziali 11 volte su 11 e rimediare quando non c'è più nulla da rimediare? Evidentemente a Firenze tutto questo è possibile.

Daniele Pradè ed Eduardo Macia nei giorni di sereno (non variabile)
Due anni fa Montella era stato chiamato alla corte dei Della Valle come colui che avrebbe portato in città il bel gioco, dopo due anni di depressione tecnico-tattica. E il Vincenzino campano c'era riuscito alla grande, complice la storica intesa col DS, Daniele Pradè, anche lui preso perché grande conoscitore di calcio e "squalo" dell'Ata Hotel. Dietro ai due si muoveva, e pare ancora si muova, il fido Eduardo Macia, uno che gira con un database di oltre un milione di calciatori e che al momento giusto vi infila le manone per pescare il fenomeno reietto, il colpo a effetto, quello che nessuno cerca e che si rivelerà il demiurgo delle magnifiche sorti e progressive in riva all'Arno. Quell'intesa aveva funzionato alla grande per una stagione e mezzo. Poi è successo qualcosa. Montella va in tv a dire che per vincere bisogna investire (come dargli torto?), ma i Della Valle avevano appena preso Mario Gomez, un killer che gli era costato un sacco di soldi. Pradè resta in bilico fra un rinnovo contrattuale che non arriva e mille pretendenti pronte a prenderselo alla prima occasione unica. Macia "ha un contratto a tempo indeterminato", diceva il plenipotenziario gigliesco Cognigni. Già Cognigni...

Il tifoso viola, come tutti i tifosi più o meno, usa la squadra come veicolo per sfogare frustrazioni e rabbie che col calcio e la squadra medesima c'entrano pochissimo. Ieri sui siti che permettono ai tifosi di commentare era un profluvio di insulti, schiumate rabbiose contro l'allenatore che non ci capisce più nulla. Anche la Gazzetta, glorioso vangelo dello sportivo italico, oggi apriva con "La Fiorentina è cotta" e continuava, su questo tono, affermando che Montella non ci capisce più niente. Ma allora qual è il problema della Fiorentina? Qual è il male oscuro di questa squadra che fino a otto mesi fa era la più cool d'Italia e ora sembra diventata più deprimente della pioggia novembrina?

Francamente non lo so e quelli che parlano di fine ciclo dovrebbero spiegare meglio il concetto. Cibali era stato il primo a parlare di fine del ciclo proprio dalla sua Ripa Arni. Ma la fine di un ciclo non significa la fine dell'esperienza di un tecnico su una panchina. In altre parole l'eventuale (e assai possibile a questo punto) allontanamento di Montella sarebbe un errore clamoroso. Se non hai gli introiti della Juventus devi inventarti qualcosa di alternativo, altrimenti sei condannato alla mediocrità pallonara del più mediocre campionato europeo dopo quello olandese. E l'alternativa è, a mio modesterrimo parere, la continuità. Ripeto la domanda che da mesi aleggia nella mia testa: perché si è rinnovato il contratto a Pradè per un solo anno? Con quale spirito il DS farà il mercato di gennaio? E chi farà quello estivo prossimo? E Macia, che ha un contratto a tempo indeterminato, resta o no? E chi sarà l'allenatore del prossimo augusto "progetto". Pradè è stato de facto esautorato, ma deve venire ogni domenica in tv a spiegare le ragioni dell'ennesima sconfitta. Montella ha un contratto più lungo, ma la società non dice una parola per proteggerlo, per ammettere che se non metti quattrini sul tavolo e fai il mercato all'ultima giornata, non puoi scaricare ogni responsabilità sul tecnico che, è vero, sta commettendo molti errori in questo campionato. Ma siamo sicuri che non siano frutto di una confusione societaria in cui la proprietà non si vede mai?

Non so quale sia la cura per questo male oscuro che ha tolto tutte le certezze alla squadra e al suo allenatore, ma forse ammetterne i sintomi sarebbe già un passo avanti. Se i Della Valle non possono occuparsi in prima persona della Fiorentina, diano questa incombenza a un uomo di calcio e non a un ragioniere. Se non credono più in Pradè, non dovevano rinnovargli il contratto per un anno, ma prendere a bordo un nuovo DS (chi?). Se pensano che Montella sia in confusione, lo proteggano. Se amano la Fiorentina, le impediscano di farsi del male. È successo troppe volte in passato, in ripa Arni.

Cibali

7 novembre 2014

Sbandate inglesi

Fettine di coppa: quarto turno 2014/2015

Anthony Vanden Borre, difensore belga e colonna dell'Anderlecht:
doppietta all'Emirates
La parte migliore della coppa si è tagliata all'Emirates. La partita viaggiava incontro al suo scontato e inesorabile destino (i Gunners conducendo di ben tre gol contro nessuno incassato sull'Anderlecht), e a quel punto la difesa dell'Arsenal ha imbandito la tavola. I belgi hanno spazzato via tutto (pane e companatico), rimontando e pareggiando. Colpa di Wenger. Wenger sa, dovrebbe sapere che, se vince largo, va messo in campo Podolski. Sono quegli spicchi di partita in cui i gol non contano più; una situazione nella quale Poldo va a nozze, perché non ha responsabilità di segnare gol decisivi ma l'abitudine di segnare (con pochissime eccezioni) gol inutili, e scommetto che l'avrebbe fatto anche martedì sera. E invece Wenger lo manda dentro sul 3 a 2, quando ormai ogni certezza traballa. Puntuale, il glorioso Anderlecht lascia i londinesi con l'amaro in bocca, e anche i followers meno accesi saranno andati a dormire malmostosi e accigliati.

Se l'Arsenal non brinda, il City ha mostrato ancora una volta (e ogni volta si pensa che sia un caso, ma non lo è) le sue enormi difficoltà a incontrare e contrare squadre non inglesi. Si comporta come il tizio che, isolato alla festa perché non conosce nessuno, finisce ugualmente per ubriacarsi ed essere ricordato dagli altri per la brutta figura. Quattro partite, due punti: uno all'Etihad con la Roma (e s'era ben scritto qui, a fronte degli entusiasmi indigeni, che i Citizens non erano e non sono un test probante, se un XI emergente vuole misurare il proprio spessore europeo), uno a Mosca (dove ne ha regalati due). Ora il CSKA è tornato pienamente in gioco, e ospiterà la Lupa in un inaspettato (dai nesci) match senza appello. Il ricordo della goleada maturata all'Olimpico non deve suscitare facili pronostici; a Mosca ha visto sorci verdi anche il Bayern.

Tra le sbandate inglesi, più sbandato di tutte (dissolto, estinto, rottamato) pare il Liverpool. Mai nella storia, credo, i Reds hanno considerato se stessi battuti in partenza, qualunque fosse l'avversario; mai credo abbiano giocato con il principale intento di limitare i danni. Sono andati al Bernabéu con questa predisposizione di spirito, ne sono tornati con un solo gol sul groppone. Rodgers ha risparmiato a un po' di gente la figuraccia, e tenuto i suoi 'assi' freschi per il Chelsea, annunciato ad Anfield per sabato a mezzogiorno. Mou, infatti, non ha apprezzato la mossa (ma questo suo sistematico mettere il naso nelle faccende altrui è sempre molto irritante). Facile parlare per lui: può spacciare per turn-over qualsiasi cambio di formazione. In Slovenia si è dovuto accontentare d'un pari, ma è stato un allenamento agonistico. Altissimo, a questo punto, è il 'rischio' di avere due sole inglesi al via degli ottavi.

Infine, la Juve. Fosse stato, quello coi greci, scontro a eliminazione diretta, oggi sarebbe fuori. Soprattutto, la fatica tremenda con cui viene a capo di partite che ci si aspetta vinca facilmente (il che fa da pendant alla facilità con cui perde, di misura e alla fine, quelle molto equilibrate) dovrebbe finalmente indurre a moderare le attese. La qualità del gioco è modestissima, affidata ormai essenzialmente al talento dei singoli; il ritmo è basso (per gli standard europei, s'intende). Conosciamo bene e abbiamo pochissima stima del suo allenatore, uno che sul campo di allenamento ha poco da dire, da dare e da insegnare - figuriamoci alla vecchia guardia bianconera, che coincide o quasi con tutti i titolari. Comunque, gli ottavi sono un obiettivo raggiungibile, a questo punto. Ma anche quest'anno c'è da temere che oltre non si possa andare; e forse sarebbe alla lunga più utile a tutti (anche a Juve e Roma) restare in Europa sì, ma in Europa League.

Mans

3 novembre 2014

Mesti aggiornamenti in ripa Arni

Ho appena finito di scrivere della partita di ieri. Ho appena auspicato un impiego più regolare di Bernardeschi e apprendo ora che il giovane talento viola si è infortunato molto gravemente. Questo il comunicato della società viola: "ACF Fiorentina comunica che l’atleta Federico Bernardeschi, nel corso dell’allenamento odierno, in occasione di uno scontro di gioco, ha riportato una frattura scomposta al malleolo esterno, come evidenziato dagli accertamenti diagnostici. L’atleta nella giornata di domani sarà sottoposto ad intervento chirurgico di stabilizzazione e sintesi". In altre parole ci vediamo nel 2015. È patetico tirare in ballo la malasorte, ma comincio a diffidare di chi non è superstizioso.

Un affranto Cibali

Hands off Vincenzo Montella!

Dopo la vittoria un po' casuale contro l'Inter, la brutta sconfitta in casa contro la Lazio e lo strano pareggio di Milano, la Fiorentina era tornata a fare la Fiorentina. Era l'ora. Ma la brutta sconfitta di Genova ha riportato i figli del giglio coi piedi, e non solo, sulla terra. Era bastato tornare al modulo che Montella ama di più e che sa organizzare meglio per ammirare la squadra veloce e precisa dell'anno scorso e soprattutto di due anni fa. È bastato fare ulteriori esperimenti per ripiombare nel brutto e nello scontato. Il calcio professionistico, specie nella sua massima espressione tecnica, non è uno sport semplice. È coordinazione, precisione di movimenti, sincronismo e poca, pochissima improvvisazione. Certo, se in squadra hai qualche fenomeno è meglio, ma non è indispensabile a meno che il tuo obiettivo non sia rimpolpare la bacheca. La difesa a tre e gli esterni alti sono due cose irrinunciabili nella Viola montelliana. Ogni altro esperimento è destinato a fallire. La sconfitta di ieri, sul maggese di Genova, fa male ed è durissima da mandar giù.

Ci sono molte domande che vorremmo porre all'allenatore viola dopo la brutta prestazione domenicale, ma forse Montella è la persona meno responsabile in questa stagione che sembra le montagne russe di Gardaland. Ho sempre pensato che Montella debba affidarsi al modulo con la difesa a tre, ma anche che Pizzarro sia un giocatore insostituibile per la Fiorentina. Che stia bene o che stia peggio, deve giocare altrimenti la manovra è lenta e prevedibile. L'errore di ieri è imputabile solo in parte a lui. Non si può pensare di cambiare il calcio italiano e poi far giocare una partita di serie A su un campo come quello visto ieri. Ma non è un alibi.

L'esperimento Richards esterno basso è fallito e non c'erano dubbi. Richards è un giocatore esplosivo e tecnico. Deve giocare alto e spingere. Se lo fai difendere ne limiti le capacità e regali una fascia. Ieri si è visto bene. Gonzalo è fuori forma da settimane. Si poteva forse mettere Basanta, nazionale argentino che ha talento e non ha mai sbagliato quando è stato chiamato in causa. Si poteva mettere Vargas, armadio più adatto a partite in cui c'è da reggere l'urto di pedatori un po' troppo entusiasti come quelli doriani. Per il resto si è vista poca determinazione e molta improvvisazione. Solo a tratti la squadra ha provato a giocare. Il teatrino del rigore è stato stomachevole e indice di uno spogliatoio non proprio idilliaco.

26' del primo tempo: l'arbitro Giacomelli fischia il rigore
col quale Palombo porta la Doria in vantaggio
Montella ha dunque delle responsabilità. Ma è giovane e secondo me bravissimo. Sbaglia come sbagliano tutti (stendiamo un velo pietoso sull'arbitraggio del signor Piettro Giacomelli da Trieste), ma resto convinto che nessuno possa fare meglio di lui a Firenze. In città da tempo si agogna l'ingaggio di Spalletti. Farneticazioni da tifosi isterici e poco inclini all'uso dei lobi cerebrali. Spalletti guadagna una cifra che i Della Valle non spenderebbero nemmeno sotto tortura. Non ha mai vinto nulla al di fuori dell'inutile campionato russo e ha il difetto che molti imputano a Montella: non sa allenare la difesa. Altri tifosi ieri hanno addirittura rimpianto Mihajlovic. E qui siamo al grottesco. Il tecnico serbo è stato cacciato da Firenze a furor di popolo dopo una stagione e mezzo in cui non si era vista una sola partita di calcio degna di questo nome eppure non aveva a disposizione una rosa così scarsa.

Il cambio di allenatore è una moda molto apprezzata in Italia, ma quasi sempre improduttiva. A Firenze il problema non è Montella. Il tecnico napoletano ha idee, è moderno e crede in un calcio bello, che porta tifosi allo stadio. Firenze è per ora un'isola felice nella desolazione degli spalti nazionali. Si può inciampare in una stagione storta, anche in due, ma i problemi vanno analizzati serenamente, senza farsi prendere da un orgasmo robespierriano. Allora vediamo cosa sta accadendo sul pianeta Fiorentina secondo il mio modestissimo parere.

Punto primo: la società ha rinnovato il contratto a Pradè, ma per un anno. È evidente che se rinnovi il contratto al ds per un solo anno, mandi un segnale chiarissimo che tutti recepiscono e non è un buon segnale, specie per un allenatore che a quel ds è molto legato. È questa la programmazione? È questo il progetto? Forse invece di sbandierare ogni anno il bilancio in ordine (cosa assolutamente buona e giusta) sarebbe finalmente il caso di dire a tutti chi comanda in società, chi fa il mercato per i prossimi cinque anni e qual'è esattamente il ruolo dell'allenatore. La famiglia Della Valle ha investito molto nella Fiorentina, negarlo sarebbe mendace e ingiusto, ma non sempre si è affidata agli uomini giusti. Credo che ora, nei ruoli tecnici chiave ci siano le persone migliori. Perché non blindarle?

Punto secondo: non si possono fare esperimenti a ogni partita, ma proprio il fatto che Montella ne stia facendo parecchi in campionato e molti di meno in coppa mi lascia qualche dubbio su quale sia il reale obiettivo del gruppo. Siamo sicuri che quest'anno non abbiano deciso, più o meno consapevolmente tutti, di puntare sull'Europa League? Se così fosse va bene, ma sarebbe un rischio grossissimo. Battere il dopolavoro bielorusso e poi vincere nel catino caliente greco è relativamente facile, ma quando scenderanno il City o la Roma il gioco si farà duro e uscire presto sarà un'eventualità più che possibile.

Punto terzo: Rossi non tornerà in tempi brevi e temo difficilmente tornerà con continuità. Vedremo, ma nel frattempo non sarebbe il caso di dare più spazio a Bernardeschi? È giovane, ma non ha 14 anni. E nel modulo più caro a Montella potrebbe fare benissimo. Così come benissimo potrebbe fare Marin, vero colpo (l'unico a dire il vero) dell'ultimo anemico mercato estivo. Ma il tedesco è guarito o no?

Forse questa è una stagione destinata a portare poche gioie in casa viola, ma potrebbe rivelarsi il laboratorio perfetto per preparare le successive. A patto che in società si schiariscano le idee su chi ci sarà, nelle successive.

Cibali

Addio, Granada romantica

Cartoline di stagione: 11° turno 2014-15

Concentrazione è anche fingere di fingere di non guardare da nessuna parte
La proiezioni statistiche nel football, come si sa, hanno pochissimo senso, ma almeno sono un divertente passatempo. Per esempio. Nella cosiddetta liga scozzese di Spagna (dove però giostrano alcune delle squadre migliori d'Europa), dopo dieci partite tonde tonde il Real ha all'attivo già 37 reti. Di questo passo, concluderebbe il torneo a 140. Più volte nella loro trionfale storia i Blancos hanno sfondato la soglia dei 100 gol; mai, tuttavia, a questa media, nemmeno ai tempi di Don Alfredo e del mancino Cañoncito magiaro. E Cristiano, che per sua sfortuna ne ha giocate finora solo 9, è già a quota 17, tenesse il ritmo ne potrebbe fare 64 o anche 65. Non credo ci riuscirà. Certo, gioca in un XI di assatanati, drogati dalla tranquilla e sapiente gestione di Carletto. Sabato pomeriggio, le telecamere non avevano ancora cessato di inquadrare lo spettacolo del "Los Cármenes", tutto speranzosamente biancorosso per l'occasione, che il barbuto Carvajal (canterano Real ma fisiognomica colchonera), lanciato sulla fascia e giunto vicino alla linea di fondo, veniva anticipato ma non mollava, sradicando subito il pallone (forse fallosamente, ma in maniera non vistosa) dai piedi dell'avversario e servendo Benzema, il quale sfornava un bell'assist per Cristiano che, in controtempo (foto), metteva a sedere l'anziano goleiro Roberto Fernández Alvarellos. E dunque Addio, Granada romantica, paese di luce, di sangue e d'amor!: a Carletto sarà certamente venuto di canticchiare questo hit della sua infanzia, reso popolare dal vocione di Claudio Villa. Sul prato, una sessione di allenamento che nemmeno vale la pena di dirigere.

Qualche ora dopo il Barça riesce nell'impresa di farsi mettere sotto dal Celta di Vigo per la prima volta nella storia a Camp Nou, e dunque c'è il sorpasso. La rinuncia alla difesa e ai difensori di ruolo alla lunga produce costi pesanti; specie quando gli attaccanti sono in giornata storta, e collezionano pali e traverse. E' stato un ex reprobo, scartato dalla Serie A, a far saltare la santabarbara catalana: è il sosia di Batistuta e giocava nel Cagliari (certo, la somiglianza fosse stata più vaga ma 'tecnica' ...), dove segnò pochissimi gol e concentrati in pochissime partite. Si chiama Larrivey, Joaquín Oscar Larrivey.

El Kun molto spreca e dunque impreca
Grandi partite in Premier e in Bundesliga. Nel Manchester derby ospitato dal freddo stadio dei Citizens i rossi hanno concesso praterie immense ai padroni di casa, De Gea compie miracoli su miracoli, Aguero spreca occasioni su occasioni; così gli sky-blues passano solo dopo l'espulsione (ingenua è dir poco) di Chris Smalling, al termine di un'azione che - come molte altre durante questa partita - ha mostrato la folle vulnerabilità sulle fasce dell'XI di Van Gaal. E' Di Maria (!!!) a bucare l'intervento cruciale sul vertice dell'area e a farsi tagliar fuori da Clichy: lo scalo delle posizioni in situazioni di inferiorità talvolta è fatale, e Di Maria sulla linea dei cinque ha mostrato nella circostanza una percezione davvero approssimativa dello spazio e del tempo. Partita comunque di intensità memorabile, giocata a ritmi elevatissimi (anche per gli standard inglesi) - fantastica una progressione verticale old style di Rooney dalla quale nasce la limpida opportunità per il pari sventata da Hart. Per lo United e per il suo santone olandese la salita adesso è ripidissima; la classifica annuncia incertezze e agonismo solo per le posizioni di immediato rincalzo al Chelsea (già virtualmente campione), con City e Arsenal ovviamente favorite per l'accesso diretto alla CL. Il Liverpool, dopo la dissoluzione, procede rapidamente verso l'estinzione. Liberando alla contesa un appetitoso quarto posto.

Nel tempio del Bayern ha fatto capolino la squadra più insondabile e imprevedibile del momento. Già. Incomprensibile il motivo per cui gli Schwarzgelben, travolgenti sui campi della Champions, in Bundesliga siano oggi ultimi (ultimi!!!) in classifica, insieme al povero e glorioso Werder Brema. Sette punti (meno che una miseria) e  sette sconfitte in dieci partite. Eppure erano riusciti a passare per primi, gelando l'Allianz Arena. Un'illusione ottica, o quasi. Gli uomini del Pep li hanno rullati per 90 minuti, raccogliendo i frutti solo sullo scorcio della gara. Non è mancato il gol dell'ex (il centravanti della Polonia), ma poteva essere una goleada epocale. Pazienza. Domani a Dortmund si rifaranno col Galatasaray ...

Napoli, Stadio San Paolo.
Le squadre entrano in campo, tra gli applausi di una sparuta folla
Anche dalle nostre parti si gioca a pallone, in scenari sempre più surreali e inquietanti. Il campo di patate di Marassi sarebbe interdetto alla pratica del football anche nei paesi più aridi del mondo; colpiscono tuttavia, e non è una novità, gli spalti disertati dal pubblico, specie nei big-match. Un tempo, il derby del Sud era da tutto esaurito; sabato il San Paolo era semi-deserto, forse anche per le ben risapute ragioni di ordine pubblico. Hanno avuto torto gli assenti, perché il Ciuccio ha sbranato la Lupa, dando spettacolo nella prima mezz'ora. O' Napule ha in rosa alcuni tra i pedatori più forti del campionato (Hamsik e Higuain, poi, sono un lusso sfrenato, quando in condizione); giocasse mediamente un po' meno bene di così, potrebbe competere per il titolo, e non è da escludere che possa, nonostante il ritardo già accumulato. Vedremo. Certo alla competizione sono iscritte per sola tradizione calcistica le milanesi, alle quali rimane ancora il blasone (ma destinato pur esso a sbiadire in tempi rapidi, di questo passo). Si disputeranno al massimo (forse e alla lunga) un posto per l'Europa League; chi ha visto Milan-Palermo, ieri sera, difficilmente la dimenticherà: giocare più sgangheratamente (e con meno intelligenza) di come hanno fatto i rossoneri è oggettivamente impossibile o quasi. Fischi a San Siro; di rassegnazione e stanchezza, più che di delusione.

Post scriptum: se a qualcuno interessa scommettere con tre o quattro anni di anticipo su quali saranno le partite nel mirino delle procure nelle future inchieste su "calcio e scommesse", si consiglia di studiare con attenzione gli highlights della Serie B.

Mans