Cartoline di stagione: 17° turno 2014-15
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Non ci sono dubbi! |
Poltroncine a forma di trono e foderate di soffice bianco; stadio piccolo e semi-acustico con tribune punteggiate da qualche irriducibile italiano venuto da chissà dove, ma soprattutto da emiri e sceicchi, ricchi benzinai e loro cortigiani: in questo scenario surreale, rimpiangendo Pechino, in piena congerie natalizia e in orario italiano coincidente con la punta di traffico su tutte le tangenziali si è disputata la partita valida per la nostra supercoppa. Eravamo l'ultimo paese a non averla ancora assegnata; ha portato qualche milioncino alle esangui casse del movimento, è stata (per fortuna) una sfida divertente e incerta, minacciava di durare fino alla Befana, e alla buonora il Ciuccio l'ha non immeritevolmente spuntata, ridando senso a una stagione che sembrava deragliata. La Juve si è confermata grigia e dipendente soprattutto dalle lune di Tevez; il Napoli è parso migliorato, ma la sua tigna agonistica è proporzionale agli umori del Pipita. Il quale ha mostrato senza pudore gli attributi - della cui esistenza forse qualcuno dubitava - e punito tre volte Gigione, l'altro juventino in serata di vena; vanificando perciò le incredibili topiche dei centrali difensivi partenopei (Albiol e Koulibaly), due autentiche sciagure. Come che sia, archiviamo la stagione 2013-14. Allegri, dopo avere a stento raggiunto il suo primo e dichiarato obiettivo (qualificazione agli ottavi di CL), ha fallito il secondo.
Per assenza di avversari decenti, forse, Allegri vincerà il campionato - a ben guardare, di una situazione analoga si avvantaggiò anche nel 2011, con la Benamata ebbra del triplete e abbandonata da Mou, con la Juve in difficile ricostruzione, con il pacco-dono di Ibra ricevuto alla vigilia del campionato. Assenza di avversari decenti: la Roma ha mostrato pochezze preoccupanti al cospetto del Milan, cioè una delle dieci squadre che avanzano a passo di lumaca nel gorgo che ricomprende la zona nobile della classifica e quella solitamente destinata ai grandi peccatori. Paga il calo fisico di Totti, che resta l'unico capace di accendere il gioco, dando imprevedibilità e tempi perfetti all'azione d'attacco; del resto, non potrà tenere la scena per i giorni dei giorni; paga anche - forse - le insicurezze generate dalle scoppole interne di Champions. Lo 'spettacolo' della Serie A è tutto nella terra di mezzo, nell'equilibrio di partite giocate col coltello tra i denti, e il cui esito non è quasi mai scontato (si vedano, nel week-end, le rimonte di Atalanta, Inter, Toro, Udinese e Samp nella stessa partita, Empoli - a Firenze).
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All'assalto, col sangue alla testa |
Dal resto del pianeta pallonaro monitorato dai nostri schermi nulla di memorabile ha illuminato il week-end. In Bundes prosegue l'agonia del Borussia, e per fortuna di Klopp una lunga pausa è alle viste (sempre che non decidano di dargli il benservito, come farebbe qualunque nostro presidente). In Premier si fermano i Red Devils, che ora - per far convivere Falcao e Van Persie - schierano Rooney nella posizione propria di Nigel de Jong: ciò nonostante - o forse proprio a causa di ciò - producono purissima improvvisazione calcistica, jam session che non sempre riescono come si deve, e comunque qualcosa di ancora ben lontano da un'idea e una logica di grande squadra. Il Liverpool, nell'ennesima disperata partita di questa disperata stagione, impatta l'Arsenal ad Anfield sette minuti oltre il novantesimo, in inferiorità numerica e grazie a un'inzuccata su corner del bendato e sanguinante Skrtel: ai cardiologi del Mersey non mancherà lavoro, nei prossimi giorni. In Liga ha riposato il Real, giusto il tempo di andarsi a prendere il titolo FIFA di campione d'ogni mondo (una vera scampagnata a Marrakech), mentre l'Atletico ha mostrato carattere (e chi ne dubitava) in terra basca, travolgendo il Bilbao nel secondo tempo. Facile poker calato anche dal Barça - il che costituisce un'ulteriore conferma della sua discontinuità. Nella Grand Boucle l'andatura è ora fatta dal Marsiglia, ma la sgommata dell'OL a Bordeaux è stata impressionante; sornione e annoiato di Blanc, il PSG resta accodato.
Auguri a tutti.
P.S. Tornando alle cose di casa nostra, è da mettere in archivio l'ennesimo atto di sottomissione della FIGC. Il diktat di Agnelli è solo una prova di forza, e la nazionale (cioè lo stage voluto da Conte) ha costituito il pretesto atteso da Andrea per assestare una bella legnata sui denti al detestato Andonio e al disistimato Tavecchio. Questo accade nel calcio italiano, nei giorni in cui cadono gli anniversari della scomparsa di due grandi italiani: Pozzo e Bearzot. Due grandi italiani, già. E stiamo qui a parlare di nani.
Mans