12 maggio 2013

Un fascino antico

Viviamo certamente i "tempi" (congiunturali? duraturi?) dell'Ultracalcio [vedi], ma il gioco continua a mantenere intatto il suo fascino, antico quanto la sua più vecchia competizione esistente, la Football Association Cup. Quella che da cent'anni esatti celebra la sua finale nel Tempio [vedi: 01-02].

Chi ama il calcio per davvero sa che ogni maggio si compie un pellegrinaggio in un sabato pomeriggio di primavera. E' un elemento - questo sì, davvero, di lunga durata - ricorrente come le stagioni. Chi di noi non è più giovane ricorda come negli anni settanta e ottanta del secolo scorso la finale di FA Cup costituisse un appuntamento televisivo irrinunciabile. In un'epoca di rare partite in diretta - confinate nei mercoledì di coppa -, erano le televisioni straniere di lingua italiana (Capodistria, Montecarlo, Svizzera) a trasmettere da Wembley un calcio che affascinava per il suo esotismo, per il suo inverare l'immaginario del Subbuteo in cuoio, sudore e corsa. Insieme con le tappe del giro nei paeselli d'Italia, la telecronaca della finale di FA Cup annunciava la primavera avanzante e gli ultimi giorni di scuola. Così anche ieri ci siamo recati in molti al Tempio. E abbiamo avuto l'ennesimo dono di Eupalla: una partita bellissima e storica la sua parte.

11 maggio 2013, Wembley Stadium, London
Gardenie bianche: Roberto Martinez indica la stella a uno stralunato Dave Whelan
Il fascino dell'ambiente innanzitutto, in cui gli inglesi continuano a essere maestri ineguagliabili: la gardenia sul petto del vecchio presidente del Wigan Athletic, Dave Whelan, che nel maggio del 1960 si ruppe una gamba proprio sul pitch del vecchio Wembley giocando la finale di FA Cup con i Blackburn Rovers (0:3 contro i Wolverhampton Wanderers); i 23.000 tifosi al seguito calati dal sobborgo (81.000 abitanti) di Manchester (è un po' come se altrettanti monzesi scendessero a Roma per sostenere l'AC Monza Brianza 1912 alla prima finale di Coppa Italia); il wheater, tipicamente british (nuvole nell'avvicinamento allo stadio, squarci di sole nel primo tempo, diluvio alla fine della partita e - si noti - nemmeno un ombrello aperto).

La partita è stata bella per l'intensità agonistica e per l'esito inatteso. La corazzata degli sceicchi del Manchester City sembrava avviata a una comoda apoteosi. Mancini, in realtà, aveva avvertito alla vigilia che il Wigan aveva fatto sempre soffrire la sua squadra. E così è stato. Il City ha avuto alcune occasioni nitide, ma i Latics (anagramma storpio per Athletic) hanno tenuto il possesso del gioco per tutta la partita, credendoci fino all'ultimo.

Una finale di FA Cup non è mai pronosticabile, possono davvero vincere gli "underdogs". A conferma del fascino unico di una competizione che ha compiuto ieri 132 anni e ne dimostra sempre venti (senza minacce montaliane: "Esterina, i vent'anni ti minacciano, / grigiorosea nube / che a poco a poco in sé ti chiude"). Vi partecipano davvero tutte le squadre inglesi: l'edizione appena conclusa era cominciata venerdì 10 agosto 2012 con Thrapston Town - Cogenhoe United (2:0, davanti a 125 spettatori), Ascot United - Sandhurst Town (6:1, con "attendance" di 231), Wootton Basset - Calne Town (4:2, 248) e Lye Town - Bartley Green (2:2, 145) [vedi]. Con premi per tutti: il Thrapston Town ha incassato 1.000 sterline, il Wigan 1.800.000, of course [vedi].

Era dal 1988 - da quando sir Alex non aveva ancora vinto nulla con l'altro Manchester - che una squadra approdata per la prima volta alla finale della FA Cup non vinceva: allora fu la "Crazy Gang" del Wimbledon a battere 1:0 il Liverpool [Cineteca]. Ieri il Wigan, che è in procinto di retrocedere dalla Premier alla Championship, ha scritto la sua piccola pagina di storia (evenemenziale).

11 maggio 2013, Wembley Stadium, London
Il gol al 91° porterà per sempre nei tabellini il nome di Ben Watson
(quello di pelo rosso, che incorna su tutti, uccellando Hart)
Il merito è dei ragazzi in campo - mediamente dei ronzini, con qualche onesto pedatore e un puledro talentuoso, Callum McManaman (che alcuni dicono lontano parente di Steve McManaman, che vinse tutto col Real Madrid tra 2000 e 2003) - ma anche di chi ce li ha messi, con ordine e un'idea di gioco: tenere palla, anche con piedi ruvidi, scambiarsela a terra senza lanci lunghi, avviare la manovra dal portiere, rendendola sempre più veloce in fase di avvicinamento alla porta avversaria, più copertura degli spazi che pressing. Roberto Martinez è uno dei giovani allenatori che, insieme a Brendan Rodgers, porta avanti anche nelle isole dei Padri un'idea di "calcio giocato", come direbbe Cesare Prandelli (e per non abusare di un termine consunto come "tiki-taka").

Forse anche per questo Eupalla l'ha baciato sulla fronte, preferendolo al calcio elegante ma farraginoso di Roberto Mancini. Non a caso si parla di lui come erede di Moyes sulla panca dell'Everton. Se coprisse un bel ciclo congiunturale magari sarebbe poi pronto anche per quella dal Manchester United ... Ma ne riparliamo tra 12 anni.

Azor
11 maggio 2013, Wembley Stadium, London
Manchester City FC - Wigan Athletic FC 0:1
Tabellino | HL | FM: 0102 | Foto