10 maggio 2013

La longue durée

Uno dei più grandi storici del secolo scorso, Fernand Braudel, ci ha disvelato come i tempi della storia non siano quelli scanditi dagli orologi, bensì siano tempi multipli, esito di costruzioni sociali [leggi]. Per comprendere perché Chronos non equivalga al tempo sociale, basterà un esempio recente (che si ripete non di rado sui campi calcio): quando la sera del 30 aprile scorso, all'Estadio Santiago Bernabéu, Sergio Ramos ha segnato il secondo gol per il Real Madrid contro il Borussia Dortmund all'88° della semifinale di ritorno della Champions League, i tifosi spagnoli hanno avuto la percezione che i successivi otto minuti (6 sono stati quelli concessi di recupero dall'arbitro) siano passati velocemente; al contrario, per i tifosi tedeschi, allo stadio e a casa, quegli otto minuti sono stati i più lunghi della stagione. Chronos, cioè, non è il Tempo.

La congiuntura (David Moyes) e la lunga durata (Alex Ferguson)
Braudel ha distinto almeno tre ritmi diversi del tempo storico, tra loro intrecciati ma chiaramente distinguibili: quello rapido degli avvenimenti, quello intermedio della congiuntura e quello lento della lunga durata. La nostra vita quotidiana è immersa nel tempo breve, degli avvenimenti, della cronaca, non ha profondità, si esaurisce nell'effimero: è la schiuma della storia, incapace di comprenderla in prospettiva, benché, scrive Braudel, sia il tempo più ricco di umanità, perché è quello che viviamo ogni giorno (a cominciare dalla nascita e dalla morte). Il secondo livello è il ritmo della congiuntura, per lo più quello dei cicli economici, e - di questi "tempi" - non c'è bisogno di spiegare cosa ciò significhi: dura anni, non momenti. Infine, la lunga durata è il tempo quasi immobile, “quasi fuori dal tempo”, dei ritorni insistenti come le stagioni; è quello delle strutture che mutano molto lentamente; secondo Braudel è la scala temporale con un “valore eccezionale” perché mette in evidenza le continuità e le persistenze.

Il lettore che ha avuto la pazienza o la curiosità di arrivare fin qui, si chiederà giustamente: "che ci azzecca?". Quando Alex Chapman Ferguson ha preso la guida del Manchester United nel novembre del 1986, esisteva ancora l'Unione sovietica, al governo nello UK era Margaret Thatcher, Arrigo Sacchi doveva ancora essere ingaggiato dal Milan, e Berlusconi non era ancora "sceso in campo": più semplicemente, alcuni di noi non erano ancora nati. Che tipo di tempo "braudeliano" sono stati dunque i 26 anni di sir Alex alla guida dei Red Devils? Misurati sui 150 anni (netti: 1863-2013) di storia del calcio sono stati un'enormità, più di un sesto (che è come dire, in proporzione, il tempo del Cristianesimo rispetto a quello che ci separa dalla fine dell'era glaciale): qualcosa di difficile da cogliere nel suo insieme se non nel ritmo della "longue durée", appunto. Al suo interno possiamo individuare delle "congiunture": per esempio i cicli vincenti dell'XI di Schmeichel, Neville, Stam, Beckham, Giggs e Solskjær (coronato dalla Champions indimenticabile al Camp Nou nel 1999) o di quello di Van der Sar, Ferdinand, Scholes, Cristiano Ronaldo e Rooney (che vinse a Mosca la CL del 2008). Il tempo breve degli avvenimenti è invece quello, per dire, delle 4 partite di Massimo Taibi con la maglia dello United nella stagione 1999-2000.

L'evenemenziale: Massimo Taibi
Spostiamoci ora dall'isola a un'altra, curiosamente entrambe invase dai normanni: nel 1066 l'Inghilterra, nel 1061 la Sicilia. Qui impera Maurizio Zamparini. Nelle 26 stagioni di Ferguson sulla panchina del Manchester, il nostro "mangia allenatori" (anche lui, se vogliamo, un beefeater [vedi]) ha cambiato solo 44 allenatori. Ha vissuto cioè nel tempo "breve", sbriciolato, del momento. Si è confinato alla cronaca, raramente alla congiuntura (il Venezia in A con Recoba e Vieri o  il Palermo dei fasti di Cavani e Pastore), mai alla storia.

Giustamente il lettore che ha avuto la pazienza o la curiosità di arrivare anche fin qui, si chiederà: "dove si va a parare?" (metafora, si noti). A David Moyes e a José Mourinho, guarda un po'. La durata del contratto che il primo ha firmato ieri con il Manchester United - solo sei anni - è stupefacente per noi che viviamo nella cronaca "zampariniana": solo Ancelotti, a colpi di rinnovi, ha retto la panca dei nostri Diavoli per 8 anni di recente (con doppia coppa, non a caso), mentre gli altri, come Capello e Lippi sono arrivati a fatica a 5 con Roma e Juventus; nell'era pre-Ferguson possiamo vantare il decennio bianconero di Trapattoni. A guardare bene, i 6 anni investiti su Moyes dalla dirigenza mancuniana sono il tempo di una "congiuntura": quello di un ciclo vero per tornare ad alzare vari trofei. E Moyes, come Ferguson, è tipo da tempi lunghi: 12 stagioni consecutive all’Everton FC (e, già prima altre quattro al Preston North End FC), così come sir Alex prima di sbarcare a Manchester si era fatto 8 stagioni consecutive all’Aberdeen FC (e, prima, altre 4 al St. Mirren FC). Veri football manager.

José Mourinho, evenemenziale anche all'Old Trafford
Mourinho, invece, stretto nella sua prospettiva di vita schmittiana fatta di amici vs nemici [vedi], vive di guerre, cioè di battaglie, cioè di eventi. Non solo non è stato reclutato dal Barcellona e dai Manchester per questo motivo [vedi] - non possedendo, cioè, quelle caratteristiche di "great integrity with a strong work ethic", come quelle che Ferguson ha invece riconosciuto pubblicamente al suo successore [leggi] - ma è condannato a vivere anche lui nel tempo breve. Uno dei suoi modelli, Béla Guttmann, ne aveva tratto una teoria - "il terzo anno è fatale" [vedi] - individuando in un biennio, al massimo, il tempo delle vittorie possibili e - pertanto - storicamente effimere.

Sulla panchina più prestigiosa però ha finito col posare le sue posteriorità lo scozzese Moyes e non lo Special One. E questo si spiega anche alla luce dei tempi della storia.

Azor

Letture consigliate:
- sulla lunga durata, F. Braudel, Histoire et Science Sociale: La Longue Durée, "Annales E.S.C.", XIII (1958), pp. 725–753
- sulla congiuntura (i cicli delle scelte tattiche), J. Wilson, Alex Ferguson was as adept at evolving tactically as any manager in history, "The Guardian", 8 May 2013 
- sull'evenemenziale (le previsioni fatue): Only Mourinho has the clout to succeed Ferguson at Man Utd, "The Week", 8 May 2013