19 ottobre 2013, Stadio San'Elia, Cagliari I giocatori locali festeggiano il gol della vittoria davanti a spalti vuoti |
Ma non è che altrove sia tanto meglio. All'Olimpico di Roma, la sera prima, per la partita clou di quest'anno si vedevano in televisione ampi spazi vuoti in Tribuna Tevere e nelle curve. Anche domenica, al Franchi di Firenze, per Fiorentina-Juventus, si coglievano spicchi di curva Ferrovia completamente vuoti, oltre al consueto bando dei settori limitrofi alla gabbia degli ultras ospiti. Da quanto tempo è che una partita di Serie A non registra il tutto esaurito sugli spalti? Quando si vedono le partite in tv, le gradinate più vicine al campo sono quasi sempre deserte, spesso dietro a inferriate e a vetrate infrangibili, palesemente inutili: uno spettacolo desolante, che, a lungo andare, farà calare i diritti televisivi. Dove sono finiti gli spettatori che fino a vent'anni fa gremivano quegli spalti? Il fenomeno è noto e su di esso si sono sprecati commenti e analisi. Le argomentazioni degli ultras (tessere, documenti nominativi, code, etc.) non reggono, perché le loro curve sono sempre gremite (e ci entra di tutto, anche quello che sarebbe proibito). Chi scrive quest'anno è andato a vedere Chievo-Napoli al "Marcantonio Bentegodi" della famigerata Verona (città razzista, forse, ma curiosamente solo a settimane alterne) e Fiorentina-Cagliari (al Franchi), ha acquistato i biglietti in pochi minuti (in banca e al box office), è entrato allo stadio quasi al fischio di inizio, senza code e filtrato da steward gentilissimi, ha trovato libero il posto assegnato (tribuna distinti e parterre, mica nei settori vip) e utilizzato toilette decenti. Dunque, si può ancora andare allo stadio a vedere partite ordinarie - che sono la maggioranza, ogni domenica - come lo si faceva venti o trent'anni fa, prendendosi magari poi anche una piadina e una birrozza all'uscita nei chioschi adiacenti, senza problema alcuno. Gli spalti, però, sono ormai mezzi vuoti quasi ovunque. C'è qualcosa che non sembra più tornare. E ci torneremo sopra.
Azor