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28 marzo 2012, Stadio Giuseppe Meazza, Milano Robinho e Javier Mascherano si contendono un pallone aereo |
La Philarmonica, forse stanca del proprio repertorio, ha deluso ieri sera le aspettative dei suoi ammiratori. I grandi solisti sono parsi un po' nervosi (Messi), un po' svagati (Iniesta); dall'altra parte, il solito zingaro che pretende di suonare tutti gli strumenti, come sempre fa girando e improvvisando per le piazze italiche, era intimorito dal gran gala e ha prodotto notevoli stecche, senza lasciare alcun buon ricordo nella serata. Calcisticamente, la sfida è solo apparentemente rimandata, perché le dimensioni (oltreché le morbidezze erbose) del Camp Nou peseranno assai di più su gambe e polmoni dei vecchietti rossoneri (ieri ammirevoli Seedorf, Ambrosini e Nesta, che probabilmente sentivano di calcare per l'ultima volta quel prato in una grande occasione). Sempre calcisticamente parlando, occorrerebbe una misurazione della distanza intercorrente fra la palla (calciata da Robinho a inizio partita) e la traversa nel momento in cui si realizzava la perfetta verticalità del sorvolo: a occhio, non meno di 6-8 metri: raro assistere a sprechi così vertiginosi in un quarto di CL. Meno appariscente, ma altrettanto grave quello consumato dallo zingaro pochi minuti dopo, magistralmente trovato da Seedorf con un cambio di gioco diagonale e di prima. Mi sono sentito autorizzato a pensare che, a quel punto, sarebbe bastato l'Inzaghi di uno o due anni fa per essere già sul 2-0; non andava nemmeno solleticata la nostalgia di Sheva o di Van Basten, e sono piuttosto riaffiorati i ricordi (soprattutto al cospetto della topica di Robinho) dello sciagurato Egidio. Naturalmente e tuttavia, il rigore su Sanchez era palese; ma tutto sommato le occasioni avute dal Barça non sono state più frequenti e di più nitida qualità, a testimonianza della loro grigia serata. Il pressing asfissiante sui difensori nei primi dieci minuti si è poi trasformato in densità davanti all'area di rigore, e lì si è svolto gran parte del primo tempo; l'intasamento degli spazi e il nervosismo di Dani Alves, che ha litigato 'publice' con tutte le zolle delle fascia destra, sommati alla scarsa vena degli altri, giustificano ampiamente l'inchiodamento del risultato alla pausa. Nell'aperto ultimo terzo di gara, poi, dove tutto sembrava poter succedere, si è visto come nessuno vantasse ossigeno sufficiente per andare con decisione a rete, e nemmeno il velocissimo Faraone ha disposto di palloni limpidi e corridoi sgombri per portare seri pericoli nell'area avversaria; dall'altra parte, Tello (giovane ma non prodotto di cantera, subentrato a Iniesta) ha esibito egoismi e limiti tecnici in un paio di circostanze, e il risultato finale è così parso ai più logico e festeggiabile. Attendiamo ora i rilievi, ieri sera annunciati ma non svelati, dell'ex premier e futuro presidente, non entusiasta della prestazione. Anzi: la sua maschera, durante la partita, parlava da sé. Come avrebbe detto Gianni Bugno, infine: "vedremo".