Iersera, ai bordi dello Juventus Stadium (nome insopportabile ma struttura meravigliosa), lo vedevi più insofferente che mai. Di tanto in tanto sbraitava, spesso ciondolava, sbuffando o sussurrando chissà cosa al buon Tassotti e al redivivo Gattuso. Ognor guatava, triste e pensoso, il febbricitante spilungone dal passaporto svedese che infinite addusse vittorie (d'italico campionato) al Diavolo, ma che iersera, come da copione di partita decisiva, atono e afono si rivelava. L'Allegri attende e spera, spera e attende, ma dopo 45 minuti decide che l'Ibra col codino può prendere una bella doccia calda. O perché così si fa - gli avran detto - se la bua aumenta, o perché in una delle sue passeggiate davanti alla panchina Max deve avere incrociato lo sguardo (anzi l'improbabile chioma ossigenata) di Maxi: non certo un fenomeno, ma di ruolo (e di vocazione) facitore di goals, bravo a proteggere il pallone negli spazi stretti e concreto assai.
Mans