31 marzo 2012

I had a dream

31 Marzo 2012, Etihad Stadium, Manchester
Manchester City - Sunderland 3:3 (1:2)
Tabellino | HL

La doppietta di Supermario non serve al City. Primo stop casalingo, e la PL si allontana.
                                    

30 marzo 2012

Nerazzurro per un giorno

Era il sogno di molti di noi ...

29 marzo 2012, Centro sportivo "Giacinto Facchetti", Milano
Pep Guardiola guida l'allenamento dei campioni del mondo ospiti dei campioni uscenti

... e si è finalmente esaudito.

FC Schalke 04 - Athletic Club 2:4

29 marzo 2012, Arena AufSchalke - Gelsenkirchen
Raul segna il suo 74° gol europeo, pareggiando il provvisorio vantaggio dell'Athletic

E se fosse l'ora del "Loco"?

La Champions ha messo in scena i suoi tre quarti scontati (inimmaginabile che Apoel, Marsiglia e lo stesso Benfina, che conferma la tradizionale difficoltà a segnare, ad alti livelli, del calcio portoghese [fatto salvo il Porto], ribaltino il risultato al ritorno) e un bel quarto sul patatao di San Siro: una bella partita del tenore di certe finali contratte, senza gol. A differenza di Mans non darei per scontato che martedì prossimo il Barça prevalga senza problemi, anzi ... Quest'anno il Milan ha dimostrato di essere l'unica squadra capace di "suonare" il proprio gioco contro la Philarmonica, senza stare ad ascoltare gli "incantantori di serprenti" come li chiama Mastro Arrigo: il 2-2 al Camp Nou in autunno indica che è possibile segnare anche lì; e se il Milan segna per il Barça sarà più difficile venirne a capo. L'impressione che i catalani abbiano scollinato l'apice del loro ciclo (acme 2011 con cinque tituli) comincia a farsi più concreta: mancano di smalto e ferocia e in difesa ne combinano di grosse (vista ieri una fase difensiva oscena con 8 giocatori schierati su un'unica linea dell'area di rigore come le pedine del Subbuteo ...).

Ma il protagonista della serata di ieri (Europa League) è senz'altro l'Athletic Club (in basco Athletic Kluba) che, dopo aver espugnato (3-2)  l'Old Trafford l'8 marzo scorso [vedi HL 4:43] ha concesso il bis, come si dice, alla Arena AufSchalke (4-2). Si noti il tabellino dei marcatori: Fernando Llorente, Óscar de Marcos e Iker Muniainm a Manchester; Fernando Llorente (2 pere), Óscar de Marcos e Iker Muniain a Gelsenkirchen. Il primo è una vecchia conoscenza del calcio europeo del primo decennio del secolo, il secondo uno sconosciuto a me, il terzo il ragazzo emergente [vedi qui i suoi numeri all'Old Trafford]. La banda basca, ormai aperta alle contaminazioni, è già qualificata per la finale della Copa del Rey, dove se la vedrà con i musicanti del Pep. Dunque è la squadra emergente, piena di giovani. La guida un'altra vecchia volpe del calcio questa volta intercontinentale, Marcelo Bielsa, che la VQA indica come allenatore di fascia A1 (oro olimpico 2004 e campionati argentini) con coefficiente 11,5. Dunque non un parvenu, nonostante sulla panca dei Pumas nel mondiale 2002 sfoggiasse un fisico che sembrava la controfigura di Jerry Calà [vedi].

E' inutile girarci intorno: "el Loco" piace da morire a Moratti, che come sappiamo già l'avrebbe voluto per il dopo Leonardo. Bravo è bravo, come confermano palmarès e risultati odierni; è un insegnante di calcio; è capace di valorizzare i giovani e inserirli in un tessuto più esperto. Invoco anch'io il buon Bugno: vedremo ...

Azor

29 marzo 2012

Lo sciagurato Robinho e la Philarmonica annoiata

28 marzo 2012, Stadio Giuseppe Meazza, Milano
Robinho e Javier Mascherano si contendono un pallone aereo
La Philarmonica, forse stanca del proprio repertorio, ha deluso ieri sera le aspettative dei suoi ammiratori. I grandi solisti sono parsi un po' nervosi (Messi), un po' svagati (Iniesta); dall'altra parte, il solito zingaro che pretende di suonare tutti gli strumenti, come sempre fa girando e improvvisando per le piazze italiche, era intimorito dal gran gala  e ha prodotto notevoli stecche, senza lasciare alcun buon ricordo nella serata. Calcisticamente, la sfida è solo apparentemente rimandata, perché le dimensioni (oltreché le morbidezze erbose) del Camp Nou peseranno assai di più su gambe e polmoni dei vecchietti rossoneri (ieri ammirevoli Seedorf, Ambrosini e Nesta, che probabilmente sentivano di calcare per l'ultima volta quel prato in una grande occasione). Sempre calcisticamente parlando, occorrerebbe una misurazione della distanza intercorrente fra la palla (calciata da Robinho a inizio partita) e la traversa nel momento in cui si realizzava la perfetta verticalità del sorvolo: a occhio, non meno di 6-8 metri: raro assistere a sprechi così vertiginosi in un quarto di CL. Meno appariscente, ma altrettanto grave quello consumato dallo zingaro pochi minuti dopo, magistralmente trovato da Seedorf con un cambio di gioco diagonale e di prima. Mi sono sentito autorizzato a pensare che, a quel punto, sarebbe bastato l'Inzaghi di uno o due anni fa per essere già sul 2-0; non andava nemmeno solleticata la nostalgia di Sheva o di Van Basten, e sono piuttosto riaffiorati i ricordi (soprattutto al cospetto della topica di Robinho) dello sciagurato Egidio. Naturalmente e tuttavia, il rigore su Sanchez era palese; ma tutto sommato le occasioni avute dal Barça non sono state più frequenti e di più nitida qualità, a testimonianza della loro grigia serata. Il pressing asfissiante sui difensori nei primi dieci minuti si è poi trasformato in densità davanti all'area di rigore, e lì si è svolto gran parte del primo tempo; l'intasamento degli spazi e il nervosismo di Dani Alves, che ha litigato 'publice' con tutte le zolle delle fascia destra, sommati alla scarsa vena degli altri, giustificano ampiamente l'inchiodamento del risultato alla pausa. Nell'aperto ultimo terzo di gara, poi, dove tutto sembrava poter succedere, si è visto come nessuno vantasse ossigeno sufficiente per andare con decisione a rete, e nemmeno il velocissimo Faraone ha disposto di palloni limpidi e corridoi sgombri per portare seri pericoli nell'area avversaria; dall'altra parte, Tello (giovane ma non prodotto di cantera, subentrato a Iniesta) ha esibito egoismi e limiti tecnici in un paio di circostanze, e il risultato finale è così parso ai più logico e festeggiabile. Attendiamo ora i rilievi, ieri sera annunciati ma non svelati, dell'ex premier e futuro presidente, non entusiasta della prestazione. Anzi: la sua maschera, durante la partita, parlava da sé. Come avrebbe detto Gianni Bugno, infine: "vedremo".

AC Milan - FC Barcelona 0:0

28 marzo 2012, Stadio Giuseppe Meazza, Milano
Luca Antonini, il migliore in campo secondo l'UEFA,
stoppa magistralmente una grossa occasione da gol di Alexis Sánchez



28 marzo 2012

SL Benfica - Chelsea FC 0:1

27 marzo 2012, Estádio da Luz, Lisboa
Fernando Torres al tiro, vanamente contrastato da Luisão

26 marzo 2012

Allegri(a)!!!

E' impagabile. Ha ipotecato per l'anno prossimo la seconda stella, implicitamente confessando che il suo unico obiettivo di quest'anno è tenere il tricolore sulla propria casacca; dev'essere certo che un tris nel 2013 gli valga la nuova conferma e l'ingresso trionfale negli almanacchi della società. E', a suo modo (con stile ben diverso da quello dello Sfasciacarrozze) un egolatra. Ma deve avere il placet di Galliani: non si spiegherebbe la follia di schierare T. Silva a tre giorni dalla sfida con la Philarmonica. Era più che acciaccato; era a fortissimo rischio. Così la sua indisponibilità costituisce l'ultimo alibi, perfettamente confezionato. E lo svedese non nasconde (una volta tanto, giustamente) la sua irritazione (si sarà pure stancato di vincere scudetti facili). Intanto la grancassa mediatica fa il suo sporco lavoro. Incombe il "derby del mondo"; i tifosi mascherati da giornalisti delle antenne locali provano a drogare la tifoseria blaterando di partita aperta, di esito non scontato, di goleada rossonera a san Siro da proteggere erigendo barricate epocali al Nou Camp. Nonostante la dimensione storica delle due squadre non sia minimamente comparabile, viene proposta a ripetizione un'intervista all'ex premier e futuro presidente rossonero, che credo risalga a qualche giorno prima della sfida di dicembre (fase a gironi). Era notte quasi fonda, e Berlusconi, visibilmente stanco e piuttosto alticcio, sosteneva che, "messi sul tavolo" quelli del Milan e quelli del Barça, il confronto avrebbe sortito una chiara e complessiva superiorità di quelli del Milan. Eh eh eh.

Un sapore antico

Confesso l'emozione con cui butto giù queste righe. Ieri ho rivisto l'Inter di Helenio Herrera: non quella serale sfaldatasi dopo i cambi azzeccati da Conte, ma quella pomeridiana dei neo campioni d'Europa under 19. Già l'araldica del manifesto della finale smuoveva qualcosa, con lo stemma della Beneamata accostato a quello di Ajace: sapori lontani. Ma poi è stata la prova sul campo a stupire: grande personalità e vittoria meritata, nonostante sia giunta ai rigori. Difesa impenetrabile (concessi un paio di tiretti agli olandesi, che han pareggiato su punizione), un vero muro: tutti raccolti dietro e grande creazione di spazi in avanti, nei quali abbiamo colpito, infatti, anche quando rimasti in dieci. L'Inter assomigliava a quella degli anni sessanta, l'Ajax invece non a quella dei primi anni settanta ma alle più recenti: nessuna traccia del totalvoetbal, niente pressing a centrocampo, solo un elegante possesso palla assai sterile, fatto di circumnavigazioni da un fronte all'altro.

25 marzo 2012, Matchroom Stadium, Leyton Orient
Daniel Bessa affrontato da Mithail Dijks

Anche il percorso di avvicinamento è stato "in stile". Scoppola iniziale terribile con gli Spurs (1-7) ad agosto; combattuta vittoria sul PSV (3-2) e di misura sul Basel (1-0) a settembre; poi un pareggio di ritorno (1-1) col Tottenham a Milano, una vittoria determinante in trasferta a Eindhoven per il passaggio ai quarti (2-1) e un bel 0-0 a Basilea tra dicembre e inizio gennaio. La qualificazione come secondi ci ha costretto alla partita in gara secca [vedila qui] a Lisbona il 25 gennaio (davanti a oltre 6.000 spettatori: che per un torneo di ragazzi è qualcosa di eccezionale), dove ci siamo qualificati alla fase finale a Londra con il risultato classico (1-0).

Le 16 squadre partecipanti al torneo (brutto il nome, Next Generation Series, perché non ancora organizzato dalla UEFA) mostravano araldiche illustri (Barcelona, Celtic, Liverpool, Ajax) o fanées (Aston Villa, Tottenham, Sporting, Manchester City) o ancora un po' da Champions League (Marseille, Rosenborg, Fenerbahce, Wolfsburg, Basel, PSV Eindhoven, Molde). Dunque un bel mix di antico e di moderno.

Fase finale (14-25 marzo 2012) nei fascinosi stadi minori della periferia di Londra: il Langtree Park stadium di St Helens (piccolo tempio del rugby), il Griffin Park di Brentford, il Cobham Ground dove si allena il Chelsea e il Matchroom Stadium di Leyton Orient. L'Ajax polverizza il Liverpool (6-0) e va in finale da grande favorito, avendo tra l'altro rifilato un rotondo 3-0 al Barça ai quarti in Catalogna. Noi battiamo in modo convincente il Marseille per 2-0 [vedi la partita qui]. Forse non è un caso che siano arrivate in finale due squadre che hanno vivai tra i primi al mondo: in questo, va ammesso, la gestione Moratti è lungimirante.

Tra i 28 ragazzi scesi in campo (più un'altra dozzina in rosa) in un tiepido e soleggiato pomeriggio primaverile inglese quanti ne rivedremo nei tornei maggiori, sia nazionali sia internazionali? Forse due o tre. Mi arrischio a fare un nome: Daniel Bessa, un brasiliano di origini italiane, naturalizzato. Lo dico con tutto il rispetto dovuto e senza l'intenzione di bestemmiare: mi ricorda, mutatis mutandis, Gianni Rivera. Stessa morfologia (l'Abatino 175x68, il giovane 173x65), stesso piede, stessa ampia visione di gioco, lanci lunghi precisi, assist di taglio e in verticale, e senso del gol [vedi schede 1, 2, 3]. I nesci attuali lo paragonano chi a Pepito chi a Wesley: a vederlo giocare ieri pomeriggio mi ha invece ricordato il Gianni del 14 novembre 1973, in una delle sue più belle partite di sempre, a Wembley contro l'Inghilterra, una partita di lotta e di governo a ritmi altissimi, senza Lodetti alle spalle (vedila qui). Come è costretto a fare oggi Bessa, che come il Mandrogno giovane gioca da falso centravanti, grazie all'intuizione di Andrea Stramaccioni, l'attuale allenatore della Primavera della Beneamata. Staremo a vedere: pare che il punto debole sia il carattere; ma ieri sembrava un veterano; ne ha prese e ne ha date per due ore, senza risparmiarsi nulla.

Azor

The NextGen Series | Final
Sito ufficiale | Il racconto
Internazionale - Ajax 1:1 (6-4 ai rigori)
25 marzo 2012, Matchroom stadium, Leyton Orient
Tabellino e formazioni | La Rosea | Partita

23 marzo 2012

Bandiere ammainate

Il golletto e la linguaccia tirati fuori da Del Piero l'altra sera allo Juventus Stadium (leggasi: "stédium", oh yes ...) nella semifinale tutta corsa e agone contro il Milan, e anche il giro di campo con la maglietta di Seedorf e le successive abbottonate dichiarazioni ai microfoni sul suo futuro da luglio prossimo in poi, mi hanno fatto ripensare alle cosiddette bandiere.

10 giugno 1961, Stadio comunale, Torino
L'addio al calcio di Giampiero Boniperti, a soli 33 anni,
al termine della ripetizione di Juventus-Inter, in cui debuttò il giovane Sandro Mazzola

Mi sembra infatti che tali siano solo in campo, ma che poi, smessi i bulloni, solo pochissime riescano a rimanere tali anche per i colori sociali. A parte Del Piero, cui Agnelli ha applicato con largo anticipo il nuovo art. 18, penso a casi recenti come quello di Paolo Maldini, vergognosamente contestato dai tifosi prezzolati al giro di campo d'addio, e poi sempre blandito ma mai più riammesso a corte.

Il passato, poi, è pieno di bandiere ammainate dalle società: Rivera, Antognoni, Bergomi ... Talune anche traumaticamente come Mazzola. Tutto ciò è legittimo, perché non necessariamente un grande calciatore si rivela un buon dirigente. Ma è un dato che le bandiere restano tali solo nel cuore e nella memoria degli appassionati.

Azor

21 marzo 2012

Maxi (quasi) salva Max

Se a nessuno, diceva quel mattacchione di Andy Warhol, si negano 15 minuti di notorietà nell'arco di una vita intera, forse per una volta si potrà concedere all'Allegri Max un (parziale) onore delle armi.

Iersera, ai bordi dello Juventus Stadium (nome insopportabile ma struttura meravigliosa), lo vedevi più insofferente che mai. Di tanto in tanto sbraitava, spesso ciondolava, sbuffando o sussurrando chissà cosa al buon Tassotti e al redivivo Gattuso. Ognor guatava, triste e pensoso, il febbricitante spilungone dal passaporto svedese che infinite addusse vittorie (d'italico campionato) al Diavolo, ma che iersera, come da copione di partita decisiva, atono e afono si rivelava. L'Allegri attende e spera, spera e attende, ma dopo 45 minuti decide che l'Ibra col codino può prendere una bella doccia calda. O perché così si fa - gli avran detto - se la bua aumenta, o perché in una delle sue passeggiate davanti alla panchina Max deve avere incrociato lo sguardo (anzi l'improbabile chioma ossigenata) di Maxi: non certo un fenomeno, ma di ruolo (e di vocazione) facitore di goals, bravo a proteggere il pallone negli spazi stretti e concreto assai.

20 marzo 2012, Juventus Stadium, Torino
Maxi López si destreggia tra i difensori della Juventus prima di scoccare
il gran tiro del vantaggio provvisorio del Milan nella semifinale di Coppa Italia 2012

Anche iersera Lopez preparato e diligente si dimostra senz'altro, e (complice anche il solito ronziname di due italici defenders) per poco non salva Allegri (cioè la sua fama di vincente in patria): uno che rimarrà sempre di fascia B, ma che per una sera, per un motivo almeno, si è scrollata di dosso la suppletiva pesante G.

Mans

18 marzo 2012

Grazie Claudio

Non sembri una facile ironia, ma desidero ringraziare sinceramente Claudio Regolo per avere conquistato la salvezza con 10 giornate di anticipo. Il punticino strappato oggi all'Atalanta dovrebbe garantire alla Beneamata la serie A anche per il prossimo anno. Che non è poco viste le macerie lasciate - come già al Porto e al Chelsea - dallo Sfasciacarrozze, e i panni di vedova inconsolabile indossati da Moratti dal giugno 2010. Da allora - ma in realtà sin dagli scricchiolii evidenti dall'autunno del 2009 (fortunoso passaggio del turno in Champions, 14 punti persi dalla Roma, sorpasso azzerato solo dalla zampata olimpica del Pazzo, etc.) - la squadra è sopravvissuta solo nella presunzione di sé: con i risultati ben noti e sotto gli occhi di tutti. Non mi lamenterò pertanto - come fanno gli eupallici viola e rossoneri - dei rispettivi allenatori o presidenti. Piuttosto accendo un cero, nella speranza di tempi migliori.

21 dicembre 2011, Stadio Giuseppe Meazza, Milano
Claudio Ranieri riceve il meritato panettone prima di Inter-Lecce

Giusto però guardare alla qualità degli allenatori. L'eupallometria della VQA [vedi] ci dice che Allegri è certamente un mister di fascia B, Ranieri di fascia C e Rossi di fascia E. Ma Leonardo era anch'egli di fascia E (sic!), Gasperini di fascia F e Mihajlović ancora di fascia G. L'unico che valeva era Rafa Benitez (fascia A1), che infatti ha portato a casa due trofei con Biabiany, Mariga e Coutinho ... Oh yes!

Azor

Pirlo tu che Pirlo anch'io

18 febbraio 2012, Juventus Stadium, Torino
Andrea Pirlo scocca il tiro del primo goal contro il Catania
Ha rovinato la carriera di uno dei migliori attaccanti in circolazione. Ha ceduto alla diretta rivale il più talentuoso e intelligente regista italiano di centrocampo (ieri, in più occasioni, pure eccellente ricamatore alto - e splendido finalizzatore - sulla porzione sinistra). Fatalmente ci si ripete, trattando dell'Allegri Massimiliano da Livorno. Lo ricorderemo (scordandocene un minuto dopo) con una targa: eupallometricamente è senz'altro quella di Bergamo.

Mans

Condannati a disinteressarsi a se stessi


Nella mia gloriosa carriera di tifoso viola questo non lo avevo davvero previsto. La Fiorentina nella sua storia ha vinto due scudetti, sei coppe italia e poco altro: non un palmarès eccezionale, ma davanti al pubblico amico non aveva mai perso con cinque gol di scarto. Mai. Ieri è successo anche questo e non contro una rivale qualsiasi, ma contro la juventus. Un'umiliazione storica, un colpo apoplettico, uno tzunami calcistico che da queste parti non dimenticheremo mai, una vergogna che solo vincendo con sedici gol di scarto a Torino, di cui uno di Boruc di testa su calcio d'angolo di fantozziana memoria, potrebbe essere lavata via.

Allora, con il groppo alla gola per il dispiacere e per la rabbia, viene da porsi una domandina: come si è arrivati a tutto questo dopo aver sfiorato, meno di due anni fa, i quarti di finale di CL e non averli centrati solo grazie ad un arbitro obeso e del tutto inadeguato? A Firenze ci si interroga e si danno risposte diverse, alcune bizzarre, altre semplicemente dettate dalla voglia di inveire contro chi ci ha costretti a questa clamorosa umiliazione. Io penso che ci siamo arrivati per accumuli progressivi.
La Fiorentina è una squadra costruita male, malissimo perché ha troppa qualità per il ruolo che le è stato affidato dalla sua stessa proprietà. Prandelli, sia sempre laudato, chiedeva coerenza negli investimenti (mica chiedeva Messi, Xavi o la nonna di Ibra) ed è stato cacciato. Chi lo ha sostituito era meno inetto di quanto non sia sembrato a tutti i fiorentini, semplicemente non era la persona giusta per sostituire san Cesare e ha dovuto combattere con il tronfio Corvo Magno, un personaggio maneggione e avvolto dalle nebbie del "come conclude davvero le sue trattative?" o "perché le conclude sempre con i soliti tre procuratori e le solite due squadre?" et similia.

Tale corpulento personaggio è colui che ha in mano l'area tecnica della Viola da sette anni e se l'è sempre voluta gestire da solo (il Magnifico Cesare era un ingombro eccessivo per lui): accontentato! Il nostro genio del Salento deve aver pensato: "mi prendo un tecnico giovane, promettente che mi permette di fare il comodo mio senza troppo rompere". Le cose gli sono andate bene a metà. Il tecnico ha sempre accettato la squadra che gli ha fatto il buzzico (come se a me chiedessero di buttarmi da tremila metri con un paracadute fornitomi da un altro e che non ho mai visto), ha fatto qualche errore di gioventù (vi prendo tutti a calci nel sedere ecc.) e il risultato è stato un campionato mediocre con un non esaltante nono posto. Il giovane tecnico credeva che le cose andassero meglio l'anno dopo ma ciccia, la squadra gliela rifà il panzutone salentino che ci mette un mix di bidoni colossali e gente qualitativamente discreta pregando eupalla che Jojo tornasse più forte di prima.

Le cose non vanno così bene e allora a novembre si caccia il giovane tecnico e si prende quello che chiede la piazza: Delione. Alcuni post scritti su fiorentina.it mi sono testimoni. Dissi allora che Delio, ottimo allenatore e persona squisita, non era adatto né a questa città né tantomeno a entrare in corsa. Ieri qualcuno spero abbia capito perché.

Oggi la Fiorentina è una squadra di buoni molli a cocopro. Un gruppo interinale dove il centravanti acquistato tre mesi fa è già in scadenza di contratto. Dove il portiere, ruolo fondamentale nel calcio, non sa se verrà riconfermato. Dove il giocatore più rappresentativo, l'unico nazionale, ha già le valigie in mano da un anno e mezzo. Dove il numero 10, quello di Antognoni e Baggio tanto per capirsi, è sulle spalle di un minatore. Dove è capitano un energumeno che in altre piazze sarebbe già stato mandato in lega pro. Dove il presidente sta al calcio come io sto al cricket. Dove l'AD è un ex commercialista di quartiere. Dove il patron restaura colossei e a Firenze non si vede da due anni. Dove i tifosi si sono rotti e dopo la delusione di ieri credo torneranno allo stadio solo se insieme alla squadra entrerà in campo Monica Bellucci gnuda!

Insomma, siamo una città ormai disinteressata alla squadra, ma ciò che è più grave e inquietante è che la squadra è totalmente disinteressata a se stessa.

Cibali

16 marzo 2012

Le roi souriant


... con il pensiero alle dorate semifinali Barcellona-Chelsea e Real-Bayern.

Alibi

Allegri avrà fatto salti di gioia vedendo sbucare dall'urna il fogliettino col nome del Barça. Temeva l'Apoel o il Marsiglia, destinati ad accendergli un bel fuocherello sotto la panca. Così invece passerà l'estate tranquillo, glorificato dalla seconda coccarda e dalla fama (nazionale) dell'allenatore vincente. Non resta che scommettere su quante volte, da qui al 28 marzo, Galliani intonerà la sua nenia preferita: "(tu sei per me) la squadra più titolata del mondo, contro la squadra che (tu sei per me) la squadra più forte (e bella) del mondo..."

Mans

Fattore M

Mi chiedo quali siano i segreti disegni di Eupalla ... Gli apologeti narreranno poi di epiche cavalcate. Mah ...


Rapido commento agli altri sorteggi: Bayern in semifinale sicuro; il Chelsea ha tutte le chances per arrivarci; il Milan è l'unica squadra che in questi anni ha tenuto testa al Barça senza snaturarsi; dunque ha poche chances ma le ha.

Azor

Manchester calling

Questa volta la nebbia non ha isolato il continente, mi sa. Che su 16 squadre tra serie A e B della UEFA sopravviva a marzo solo una rappresentante inglese è forse un record e comunque una novità in questo secolo. L'agguato basco in cui è finito maciullato lo United non può passare sotto silenzio: 5 nel sacco dicono che la "gruvierite" (quanto è buono il formaggio con le "pere") aleggia anche su latitudini non mediterranee. E che dire del City se non che è squadra di grandi individualità (come è stato ed è il suo coach) soprattutto in avanti, ma con scarsa propensione al gioco organizzato? E l'Arsenal che ne prende 4 a San Siro? Un'ecatombe tattica.

La faida iberica è ormai il clasico di questi anni mediatici, ma non darei il copione per già fatto. Questa edizione è sinistramente simile - è vero - a quella in cui si giocarono la finale Flavio Roma, Hugo Ibarra, Patrice Evra, Julien Rodriguez, Gaël Givet, Lucas Bernardi, Édouard Cissé, Akis Zikos, Jérôme Rothen, Ludovic Giuly e Morientes. Furono questi i deuteragonisti [rivedili qui] che lanciarono l'epopea dello Sfasciacarrozze. Ma confidiamo in Eupalla e nella manina odierna. Clasico subito ...

Azor

La faida

A memoria, non ricordo un'edizione della CL così poco affascinante; per colpa di Platini? del fatto che il repertorio della Philarmonica di Guardiola lo conosciamo ormai in ogni dettaglio, assaporato e riassaporato mille volte? Sembrano due sole, le squadre in lizza, e speriamo arrivino in finale, che almeno quella abbia un senso. D'altra parte, da due anni ormai c'è solo Barça-Real, una faida che ormai è sovranazionale. E' uno scontro di civiltà calcistiche, di culture sportive, che ho idea possa risolversi definitivamente quest'anno: lo dovesse vincere Mourinho, sarebbe una tragedia. Anche perché non concederebbe la rivincita.

Mans


15 marzo 2012

Gruvierite

Dice che è l'inesperienza internazionale, la mancanza di abitudine a calcare prati come quello di Stamford Bridge che ti fanno sentire le gambe molli come crescenza. E intanto è l'ultima patologica manifestazione di quella gruvierite che rischia di diventare congenita, fra le squadre tutte del paese dove il sì suona e della rappresentativa nazionale stessa. Avrebbero fatto miglior figura, di fronte agli ultimi ruggiti degli attempati leoni di don Abramovich, i vari Chiellini, Barzagli, Ranocchia, Bonucci? C'è da scommettere di no. Con buona pace di ogni (minima) aspettativa a poco meno di cento giorni dagli Europei.

Mans

Ottavina

Sarei forse chiamato a intervenire sulla (meritata) eliminazione della Beneamata dalla Champions, ma l'episodio si iscrive nell'età postuma del ciclo vincente, che non si è estinto questa stagione ma la scorsa, e che merita una riflessione meno "emotiva" (per stare al mood del momento).

Rifletto invece, ante sorteggio, sulle magnifiche otto approdate ai quarti. E' un esito di quelli auspicati da Platini, una sorta di calcio in bianco e nero, con l'Apoel accanto al Marsiglia, il Benfica accanto al Bayern, e così via. Quelli che non tornano molto sono però i due 7 a 0/1 agli ottavi, che inficiano la politica zuccherosa di Roi Michel: il divario di potenzialità economica e di bagaglio tecnico non solo permane ma sembra allargarsi.

Stona l'assenza delle due di Manchester, il resto è nella norma, grosso modo. Le due spagnole sembrano non avere rivali, anche se non sottovaluterei le insidie che potrebbero offrire lungo la strada sia il Bayern sia il Milan. Il Chelsea dei senatori ha mostrato gli attributi e potrebbe (molto condizionale) candidarsi a mina vagante. Ma tutto sembra congiurare perché dopo lo Zagabria e l'Ajax in disarmo di questi anni, e dopo la CSKA, Mourinho si becchi pure i ciprioti. Gli apologeti poi la narreranno come una cavalcata trionfale ...

Azor

10 marzo 2012

Emozioni

Tu chiamale, se vuoi, emozioni, cantava il bardo. Confesso che quando sentii parlare per la prima volta di storia delle emozioni ebbi una reazione come quella del rag. Fantozzi dopo l'ennesima proiezione della "Corazzata Potemkin". Mi sono però ricreduto. Oggi è il tempo delle emozioni, nelle pratiche storiografiche e nelle pratiche sociali. Gli esperti ci dicono che emozioni e rappresentazioni delle emozioni coincidono: cioè le fonti che le accertano sono inscindibili dall'atto fisiologico; per questo esprimerle in pubblico significa innanzitutto un atto mediatico. Detto "all'amatriciana". La pubblicità della Sony che inframezza le partite di CL è la perfetta sintesi del momento: orde di tifosi congelati in istantanee tridimensionali alitano tutta la gamma delle loro emozioni sugli spalti: la disperazione, la gioia, la stizza, la rabbia, le lacrime.

Ecco, le lacrime: "Stabat Mater dolorósa. Iuxta crucem lacrimósa". Milioni di bit di studi dedicati alle lacrime nella pittura occidentale. Uno dice: sì, va beh, invenzioni dei pittori, nella realtà mica era così, o, se lo era, lo era perché nel passato la gente non sapeva controllare le proprie emozioni. Mica vero. Piangevano i re e le regine, mica solo le Madonne. E piangevano strategicamente, a comando, come atto politico (i raffinati direbbero "performativo": ulllalà). Un altro dice: si, va beh, roba del passato. Mica vero. Piange la Fornero per i pensionati; piange Napolitano nel giorno della memoria; piange Marchionne per i bilanci della FIAT; piange Dell'Utri per l'assoluzione; piange Putin per averlo messo in tasca un'altra volta ai suoi compatrioti; piangono tutti e non solo Antonella Elia (l'indimenticata partner di Raimondo Vianello in una delle migliori edizioni di "Pressing") perché ha eliminato Valeria Marini all'isola dei famosi. Piangono tutti e non più solo in privato. Piangere fa bene perché lascia sfogare le tensioni, dicevano le nonne.

Pertanto non facciamola tanto lunga sulle lacrime e gli occhi rossi di Claudio Regolo. Non ci resta che piangere anche noi.

Azor

9 marzo 2012

Allegri?

Mi guardo intorno e non mi pare che - nell'Europa tutta - ci siano grandi motivi per stare Allegri, non solo sotto le casacche rossonere. La Premier ha perso smalto (o, più semplicemente, ha svelato la lana grossa di cui è sempre stata fatta, aldilà dei prati a biliardo e dell'eretismo podistico) e le due squadre di Manchester sembrano ingaggiare un testa a testa al ribasso, con qualche sprazzo di buon gioco e poco più, mentre il Chelsea è sprofondato come la Beneamata nel ronziname della sua vecchia guardia e i Gunners fanno le montagne russe (svogliati a san Siro, assatanati agli Emirates nel primo tempo, ma poi smarriti davanti alla manona di Abate su Van Persie). In Spagna - un campionato ridicolo a due sole squadre con punteggi tennistici - l'appannamento del Barça (dopo 13 trofei su 16 ...) ha lasciato spazio al testosterone omofobo del Portoghese. In Portogallo, il Porto si è inabissato dopo le gesta dello scorso anno e, ciò nonostante, è sempre primo ... La Germania è sempre, imperturbabilmente, teutonicamente, noiosa (più volte ho provato a guardare qualche partita, ma mai sono riuscito a reggere fino in fondo). La Francia vive l'ebbrezza del ritorno ai fasti della Capitale grazie al petrodollaro, ma non escluderei che la vecchia provincia (che quest'anno si legge Montpellier) facesse la festa alla colonia italiana a maggio prossimo. Quanto a noi, se Milàn non ride, che dire di Inter, Roma, Fiorentina e dello stesso Napoli? E nemmeno la Juve sembra passarsela bene dopo le illusioni di febbraio ...

A buttarla sui massimi sistemi il luogo comune sembrerebbe che, essendo la Pedata lo specchio del mondo, la crisi europea si rifletta anche su manti erbosi. Più probabilmente viviamo la classica stagione di avvicinamento a Europei e Mondiali, nella quale tutti tirano un po' il freno e si risparmiano. O no?

Azor

Su alegher

I quarti di finale della CL costituiscono l'ultima frontiera di Allegri. Ha finito il suo percorso, esaurito il suo tempo. Per mettere in campo un undici raffazzonato deve disporre di una rosa di 40 giocatori. Ha irrobustito Pato, mettendolo a perenne rischio di sofferenze muscolari. Ha rinunciato a Pirlo, vale a dire al miglior centrocampista italiano degli ultimi 30 (se non 40) anni, preferendo il tignoso, esperto ma declinante Van Bommel, uomo di tutte le squadre d'Europa segnato da quindici anni di tackles nel cerchio del centrocampo, i cui movimenti legnosi tradiscono e spiegano le centinaia di microtraumi subiti (e procurati) in quel fazzoletto di campo. Ha indovinato solo Boateng, il giocatore senza ruolo, l'imprevedibile esuberante, capace di giocate strabilianti. E' stato lui a salvarlo l'anno scorso, nel girone di andata. Gli ha regalato la supercoppa, devastando l'area del portiere a Pechino. Vincerà probabilmente il secondo scudetto consecutivo, obiettivo stagionale minimo: quello di Allegri, anche se onusto di tricolori e supercoppette, resterà comunque un Milan fra i più dimenticabili della storia recente.

Mans