25 giugno 2012

But this time things were supposed to be different

24 giugno 2012, Olimpiyskyi, Kyiv
Hart si concede goffamente e senza pudore,
sedotto dal "Panenka" di Andrea Pirlo
L'incultura calcistica e storica dei nostri inviati RAI (telecronisti e commentatori dai vari studi) è imbarazzante: insistono a definire 'cucchiaio' quel tipo di rigore, quando in tutto il mondo ha un preciso nome, anzi cognome: "Panenka". Quello di Pirlo vale il prezzo del biglietto e (ma sì) anche del canone. Anzi: veder giocare Pirlo vale il prezzo del biglietto e del canone, e da molti, molti anni. Solo a San Siro si sono stancati di lui, e a Milanello comanda l'unico allenatore al mondo in grado di escogitare, disponendone, un sistema di gioco che ne prescinde, al punto da costringerlo ad andar via. Un peccato mortale che Eupalla non ha naturalmente perdonato. Una rapida occhiata ai fogli inglesi, francesi, spagnoli di oggi basterà per verificare la quotazione universale del suo magistero: solo Xavi Hernandez è al suo livello, nell'ultimo decennio. Io penso che valga, come facitore di gioco, i migliori di sempre: attendo conforto dagli altri eupallici su questa valutazione.

Gli inglesi erano convinti - usando le nostre antiche armi - di poterci sorprendere; credevano davvero che le cose, questa volta, sarebbero andate diversamente da tutte le altre volte. In effetti, nel primo quarto d'ora le loro ripartenze davano l'impressione di poter essere letali, con Johnson (!) a devastare il prato sulla fascia destra. Poi, essendo la nostra arte difensiva superiore, abbiamo preso le misure e vanificato ogni loro velleità contropiedistica, grazie alle puntuali chiusure dei centrocampisti, capaci di stringere sistematicamente su Gerrard, ostruendone la visuale. Prandelli ci ha messo poco a capire l'antifona, va da sé; Benny Hill non ha mai provato a variare il tema; ha solo a un certo punto giocato la carta di Carroll (impressionante la sua fisicità), ma al solo scopo di guadagnare secondi e respiro tenendo lontana la sfera dai dintorni dell'area di rigore. In effetti abbiamo giocato sempre nella loro metà del campo, con dati di possesso palla da Philarmonica; un dominio inerziale, favorito dall'atteggiamento albionico (poco pressing, linea difensiva molto arretrata) ma reso vano dagli sprechi sotto porta e dalla qualità tecnica non eccelsa del nostro reparto offensivo, considerato complessivamente. Un dominio tecnico e tattico che ha fruttato più di trenta tentativi e nemmeno un gol: imbarazzante. L'impoverimento del football italiano sta tutto qui: escluso Mario, che prima o poi esploderà, non c'è un pedatore sotto i trent'anni di livello internazionale. Due pentavalide (Buffone e Pirlo) e una trisvalida (De Rossi), tutti e tre già protagonisti nel 2006; i primi due già dominanti a Dortmund e a Berlino. Tutti e tre ormai arrivati alla fase finale di una gloriosa carriera; e dobbiamo sperare che i polmoni e le gambe di Andrea reggano fino al Brasile. Ma se si escludono le individualità, resta la sempiterna (e solo raramente vanificata dalle egolatrie dei commassari tecnici) capacità italica di redimere i ronzini e gli onesti, grazie alla tradizione e alla cultura (le 'conoscenze' sempre evocate da Arrigo) dei nostri tecnici. 

Per finire: ironici e spassosi i commenti dei lettori ai resoconti del Guardian. Vale la pena di compulsarli. Ne riporto solo uno: "First half was great. Second half reminded me of Fulham. Extra time reminded me of the second half. Penalties reminded me of every single tournament I've ever seen England go out of. If Italy didn't go through, it would have been a crime against humanity".

Mans