19 giugno 2012, Donbass Arena, Donetsk Il posizionamento di István Vad |
La sua però potrebbe essere la piuma che fa franare un edificio. Il 5 luglio si riunirà infatti uno dei club più anacronistici e incredibili del mondo del calcio, l'International Football Association Board, un'accolita di 8 persone, di cui quattro designati dalle federazioni calcistiche di Scozia, Galles, Inghilterra e Irlanda del Nord. Uno spasso come la Benny Hill' Club Band, più o meno, non fosse che, sotto l'apparenza austera e british (più whisky che birra in sostanza), sia ormai al soldo del capostazione svizzero. Il quale, non avendo mai giocato al calcio, non ne percepisce il fascino antico che ha invece vissuto Roi Michel, che, non a caso, sostiene che bisogna mettere nel gioco gli errori arbitrali così come quelli dei giocatori e degli allenatori, senza cedere alle tecnologie. È una visione romantica del calcio - la stessa evocata da Dino Zoff nell'intervista al momento del suo ritiro da giocatore ("Cosa le mancherà di più?". Risposta: "L'odore dell'erba") - che dobbiamo riconoscere a Le Roi. Ha ragione lui: la tecnologia snaturerà il gioco più bello del mondo, che è fatto anche delle sue sviste e delle sue polemiche (memorabile l'incazzatura di Oleh Volodymyrovyč Blokhin [si pronuncia Blokìn, con l'accento sulla i: la fonte è sempre Vassilij] di ieri sera). Ci attende un calcio anestetizzato, brutto come questi anni di devices e protesi digitali. Ci attende non perché Herr Blatter non sia romantico a sua volta, ma perché prevale in lui l'affarismo (quello che ha portato alla non limpidissima - eufemismo - designazione del Quatar, per intenderci): installare le tecnologie è un boccone enorme, con percentuali e fette di torta per tutti. Altro che pasticceria da campo. È per questo che ce l'avremo per sempre con Vad, l'antiromantico.
Azor