29 giugno 2012

L'inutilità del rigore tedesco

Essendo, com'è noto, il calcio metafora della vita, il penalty concesso a Ozil per il mancato rispetto delle regole si è offerto come esemplare tropo della competizione in atto per il dominio dell'area-euro e dell'economia europea.

28 giugno 2012, Stadion Narodowy, Warszawa
Il giocatore simbolo dell'inadeguatezza germanica.
Che porti un numero simbolo (il "10") costituisce ulteriore
offesa per Eupalla e per la storia del football
Quel calcio di rigore ha cambiato il punteggio finale, ma non la sostanza e la forma della partita. E' stato inutile. Del resto, con noi i tedeschi sono destinati a soccombere, quando il confronto si disputa ai massimi livelli; quando ogni risorsa viene gettata nella contesa. Loro hanno, appunto, meno risorse: meno tradizione, meno cultura, hanno minore capacità di adattamento (una semifinale vive di fasi e di equilibri continuamente mutanti); hanno dovuto sin dall'inizio (per paura) mutare il loro assetto, e poi ancora varie volte durante la partita, senza mai ribaltarne l'inerzia. D'altra parte: solo un neonato poteva davvero credere che Podolski ci avrebbe creato problemi (non ci ha fatto nemmeno il solletico; e aveva davanti Balzaretti, non Burgnich o Gentile); solo chi non ha visto il Bayern nelle semifinali e in finale di CL non si è reso conto che Schweinsteiger non sta in piedi e che non è certo uno capace di trascinare la truppa e sollevarne il morale (anzi: è il primo a deprimersi) quando le cose vanno male. Una leadership in campo, si sa, è essenziale per il buon funzionamento di una squadra. Non avendola, si sono smarriti; e anche Gioacchino Manicarrotolata - dopo millanta vittorie contro selezioni di ranking risibile, per un record risibile - ha mostrato lo stesso volto, tra il pietrificato e il rassegnato, la stessa inadeguatezza di condottiero. E' stato incapace di motivare i suoi, che nel secondo tempo hanno attaccato con relativa furia e minima lucidità, offrendosi al nostro contropiede in molteplici occasioni: poteva essere una mattanza storica.

Prandelli dice: "bisogna stare attenti, quando si parla di Italia". E' così. Il repertorio che abbiamo esibito in questo torneo rimane utopia per qualsiasi scuola calcistica: l'abbiamo arricchito grazie alla didattica di Cesare, che ci ha insegnato a condurre tratti di partita attraverso l'inedita (per noi) gestione prolungata della palla. Gestione che ha, naturalmente, l'effetto di spezzare il ritmo del match, di interrompere le inerzie sfavorevoli. Ieri sera abbiamo un po' sofferto nei primi 15', come contro la Benny Hill'S Club band; poi, trovate distanze e posizioni, gli abbiamo nascosto il pallone per sei o sette minuti; fino al primo gol di Mario, esito logico in quel momento della partita. Poi la fase dello schiacciamento nella nostra area e la disponibilità di spazio nella loro metà campo: c'è qualcuno al mondo che può insegnare a noi tempi e movimenti del "contropiede"? O qualcuno che può insegnarci come ci si difende in area di rigore e nei suoi pressi? Ovviamente no. Le nostre risorse calcistiche, già considerevoli, si sono ora solamente accresciute. Sicché il nostro unico problema è, e sempre resterà, la qualità degli interpreti. Per il momento, abbiamo alcune pentavalide e uno che lo può diventare, e che forse ha iniziato a diventarlo proprio al Narodowy.

Balotelli. Finalmente è esploso.Qui fra di noi, almeno io e Azor da anni discutiamo di lui e del fatto che si tratti di un pedatore potenzialmente sensazionale, per la varietà dei colpi, la dirompente fisicità, il talento naturale. Ha detto giustamente, Cesare, dopo la partita: "la sua carriera è appena iniziata". Azzardo un paragone, senza irriverenza. Marco Van Basten aveva due o tre anni più di Mario, nell'europeo dell'88, quando decollò definitivamente. Non aggiungo altro.

Mans